Come convincere i ragazzi a rimanere a casa in quarantena
13 Marzo 2020 - di Claudia Montanari
ROMA – Devono restare a casa i ragazzi, in una sorta di “quarantena”, anche quelli che i giorni scorsi affollavano i locali e i marciapiedi infrangendo le indicazioni di non fare assembramenti. Ora che le regole della “quarantena” a casa sono ancora più stringenti (locali pubblici chiusi e uscire solo per lo stretto necessario) per contenere la pandemia del Coronavirus, ai giovani si richiede di non vedere gli amici, non frequentare fidanzate e fidanzati restando a casa, quasi come fosse una quarantena, con mamma, papà e fratelli. L’operazione risulta difficile perché questa è l’età più insensibile ai messaggi di sensibilizzazione in ambito sanitario e quella che più difficilmente riesce a stare lontana dagli amici.
Da 14 ad oltre i venti anni di età i divieti piacciono davvero poco. L’86% degli adolescenti dichiara di condividere le indicazioni date dal Governo e dal Ministero della Salute sui comportamenti prudenti, ma solo il 47% le rispetta rigorosamente. Il 23% soffre già della quarantena e di una riduzione delle relazioni sociali con gli amici, mentre il 68,2 compensa il vedersi meno con un incremento dei contatti attraverso i social. Il 50% si dice abbastanza preoccupato, il 14% molto preoccupato, il 35% poco o per nulla. Lo afferma una indagine online avviata da Laboratorio Adolescenza e diffusa attraverso la collaborazione degli stessi ragazzi e degli insegnanti, che ha già superato le 2500 risposte.
Partendo dal presupposto che in questi giorni numerose aziende offrono i propri servizi gratis, come film, libri o riviste. i genitori si interrogano su quale sia il modo migliore per convincerli, si impongono divieti e norme, si rimproverano i ragazzi che mal sopportano la realtà e fanno fatica a rinunciare alle loro abitudini. Come farglielo capire? Lo abbiamo chiesto a Domenico Barrilà, analista adleriano, psicoterapeuta e autore di numerosi fortunati saggi di tema psicologico tradotti in tutto il mondo che ha precisato: “Gli adolescenti hanno un enorme bisogno di avere conferme su loro stessi dal mondo esterno dei pari. Uscire certifica il loro valore personale. Spesso sono definiti dei narcisi, invece si sentono inadeguati e, come una macchina, si auto-valutano in continuazione con la necessità di sapere il parere dei loro coetanei. Non uscire diventa fonte di angoscia e questo aspetto va considerato in partenza dalle famiglie”.
L’empatia in famiglia, non il rimprovero: Il primo passo spetta ai genitori. Rimproveri, rigidità e imposizioni sono vissuti dai ragazzi come una ferita e sono utili solo a farli sentire ancora più inadeguati, oltre a rendere l’ambiente domestico angosciante per tutti. “Il primo passo devono farlo i genitori provando ad identificarsi con i ragazzi, agendo con compartecipazione nei loro confronti e mostrandosi attenti ad ascoltare cosa provano in questi giorni di ‘quarantena’, – spiega Barrilà. Dire loro ‘sento quello che provi, ti sono vicino, vedo come ti senti e cerco di soccorrerti ‘ può aprire la porta al dialogo e renderli partecipi. “Piuttosto che il rimprovero, che apre ferite e non li valorizza serve la vicinanza, abbinata ad una autorevolezza motivata. E nei casi di maggiore chiusura e difficoltà a digerire le regole da parte dei figli, esiste lo strumento dell’autocertificazione che dà qualche spiraglio per non annegare, senza approfittare naturalmente. Compilarlo e uscire per fare una passeggiata breve può spezzare l’angoscia e farli aprire, rilassare e capire”.
Quanti giorni senza uscire? Non siamo catastrofici con loro
Prospettare ai ragazzi che passeranno intere settimane chiusi in casa non serve a renderli più aderenti alle regole. Spiega l’esperto: “Loro sono concentrati sul presente, vivono il momento e negano il futuro a lunga gittata, progettate l’isolamento per settimane è solo fonte di ulteriore angoscia. Non c’è bisogno di enunciare un futuro catastrofico, meglio restare sul momento, dire loro ‘per ora è così, poi vedremo insieme’ è un buon approccio per essere ascoltati”.
Niente fidanzata, niente fidanzato. Come convincerli? Sottolinea Barrilà: “Avere un compagno o una compagna a questa età significa sentirsi ‘normali’, perché si desidera somigliare agli altri, si riceve in pratica la patente di normalità. Se il partner manca fisicamente prenderà immediatamente il sopravvento la paura di perderlo perché questa è un’età fragile che ha bisogno di continue conferme. Si dice che la paura di essere abbandonati sia molto sentita nei bambini, invece è presente anche negli adolescenti e in modo ancora più urticante che nell’infanzia”. Come far digerire la lontananza del moroso per i prossimi quindici giorni ai figli? Barrilà spiega che si può loro indurli a riflettere che, se non bastano gli abbracci virtuali dati con skype e i tanti dispositivi social che già usano abitualmente fra loro, significa che il legame non c’era in realtà. L’attesa dovrebbe aumentare il desiderio di rivedersi e comunicare in questi giorni in modo virtuale grazie alle piattaforme digitali può essere prezioso.
Vita negli spazi chiusi e senza amici, come superare le incomprensioni: Stare a lungo negli spazi chiusi è alienante per i ragazzi. “I giovani hanno bisogno di uscire per confrontarsi con i loro coetanei. Hanno bisogno di un reale contatto fra loro. Quando si incontrano si toccano, salutandosi, abbracciandosi e baciandosi. Si danno pacche, manate anche rumorose perché hanno bisogno di ‘certificarsi’, di avere consistenza e tutto passa attraverso il contatto fisico, – precisa l’esperto.
Come sopportare la vita al chiuso? “Inutile ribattere che l’isolamento è per il loro bene e per quello della comunità mentre loro si sentono defraudati della possibilità di avere le conferme dal loro giro di amicizie. Ci vuole invece compartecipazione e vicinanza dimostrando loro concretamente che capiamo la loro difficoltà e che si tratta di un breve periodo”.
Siate impopolari, senza timore ma date l’esempio per primi “Molti genitori non amano essere impopolari con i figli e rinunciano ad imporre regole in casa, – afferma Barrilà. – Invece non si deve temere di esserlo nel ricordare i principi di prevenzione dei contagi”.
L’educazione è una ‘trasmissione testimoniale’, questo significa che i genitori devono per primi attenersi alle regole senza sgarri. Dare l’esempio è un buon inizio.