Maternità, “le 8 ragioni per cui non voglio avere figli”
18 Settembre 2014 - di Mari
ROMA – Perché non vuoi avere figli? Quando volte, se siete tra quelle che non hanno in programma una maternità, vi siete sentite fare questa domanda? Come se per una donna fosse ovvio che i figli si fanno, mentre ad un uomo nessuno si sognerebbe mai di domandare “perché non vuole figli”. La scrittrice Sezin Koehler sul suo blog sul quotidiano online Huffington Post ha provato a rispondere a questa domanda.
Anche lei era stufa di sentirsi porre mille interrogativi per sondare la mancanza di istinto materno. Troppe volte si è sentita dire “Perderai un’occasione”, “Non capirai mai il significato della vita”, “Sarai incompleta”, “Cambierai idea” e via dicendo.
Così, come se dovesse giustificarsi per qualche colpa, ha deciso di mettere nero su bianco gli otto motivi per cui ha deciso di non avere figli. Condivisibili oppure no, ma frutto di uno sforzo che forse ad una donna che semplicemente non vuole dei figli non dovrebbe nemmeno essere chiesto.
1. Economica: i figli costano. Nel 2013, crescere un figlio fino ai 18 anni costa mediamente a una famiglia benestante 304.480 dollari. Dare alla luce può costare tra i 3.296 e i 37.227 dollari. Mandare un figlio al college negli Stati Uniti costa tra gli 8.893 e i 22.203 dollari all’anno, a figlio. Mi ci vuole un drink; quei numeri mi fanno girare la testa.
2. Logistica: nonostante tutti gli avanzamenti sociali e culturali, le donne sono sempre quelle che devono prendersi cura dei figli, soprattutto negli anni formativi del bambino. Crescere un figlio prima che vada a scuola è più di un lavoro a tempo pieno. È h24, sette giorni alla settimana, senza sconti per buona condotta. Non sono in grado di stare in compagnia di altri esseri umani quando ho sonno, figuriamoci cosa farei con un figlio che dipende da me per Ogni. Singola. Cosa.
3. Ambientale: ci sono circa 153 milioni di orfani al mondo. Perché aggiungere un’altra bocca a un pianeta sovraffollato per seguire un imperativo biologico ed egocentrico che non provo? Se proprio dovrò, adotterò.
4. Fisica: il mio corpo ha già sofferto abbastanza nei suoi 35 anni di permanenza su questa terra. Lo stress post-traumatico dato dall’essere sopravvissuta a un attacco d’arma ha dato il colpo definitivo al mio sistema nervoso. Sono anche cresciuta all’estero e non sono stata bombardata dagli additivi e ai conservanti del cibo americano. Aggiungere un membro alla mia famiglia significherebbe smettere di mangiare cibo biologico e sano, perché non potremmo più permettercelo. Beh, non possiamo permetterci nemmeno un cancro.
5. Emotiva: ogni giorno lotto per gestire il disturbo post traumatico da stress. Avere la libertà di non dormire quando l’onda di panico mi colpisce è una manna dal cielo. Poter dormire per 12 ore ininterrottamente per recuperare è stata la mia salvezza. Lavoro da casa e decido da sola i miei orari, una situazione ideale. Mettici un bambino e cosa succederà quando mi sentirò depressa e non avrò la forza di uscire dal letto? O piangerò per una settimana intera? O nel bel mezzo delle sfuriate di rabbia che mi fanno totalmente perdere il controllo?
6. Sociale: l’ultima volta che ho controllato, il mondo era sottosopra. C’è una sparatoria in una scuola diversa ogni settimana in questo paese. E c’è pure questa cosa chiamata “cultura dello stupro” che permea ogni aspetto della società. Molti dei bambini di oggi probabilmente ne saranno o vittime o esecutori in un futuro non così distante. Andrò a farmi un altro drink, questa volta bello forte.
7. Culturale: sono una third culture kid mezza americana, mezza singalese – una persona che ha passato i suoi anni di sviluppo al di fuori dei paesi dei propri genitori – addossandosi problemi identitari a volontà giorno dopo giorno. Vivo con il pensiero della diversità anche quando sono negli Stati Uniti. “Da dove vieni?” è la domanda che mi viene fatta più spesso. (Seguita dalla domanda a capo di questo articolo). E dovrei scaricare questo peso culturale su un innocente?
8. Di interesse: semplicemente, non mi interessano la miriade di cose spaventose che comportano il parto e la crescita di un figlio. Dolori vaginali, emorroidi, costipazione, doglie, congiuntivite, muco, vomito, diarrea, tracolli nervosi in pubblico, la fase dei due anni, ribellione adolescenziale, dire addio alla mia identità individuale. No. Grazie.
“Ma perché, Sezin, non ti interessa avere il figlio più intelligente, bello, talentuoso e speciale al mondo? Perché mai?!”
Perché amo dormire. Amo decidere i miei orari. Amo passare del tempo da sola, scrivere, amo il tempo che passo a sognare. Amo mangiare quasi 100% biologico. Amo farmi tatuaggi. Amo avere periodi di calma, un intero weekend per fare quello che mi pare. Amo la mia libertà. Con il mio lavoro creativo, un impiego che amo e un marito, adoro quelli che sono d’accordo con quello che ho scritto e sono felice, sana, soddisfatta come mai nella mia vita.
(…) Perché mi viene sempre chiesto di giustificare la mia scelta? E perché mio marito – che ha fatto la stessa scelta – non è questionato quanto me?
Ecco perché abbiamo ancora bisogno del femminismo: nonostante tutti i progressi tecnologici, sociali e culturali, fare figli sembra ancora essere la tappa obbligata nella traiettoria di vita di una donna.
Ed ecco la mia risposta: non do per scontato che le mie personali scelte di vita siano così fondamentali e giuste da rendere meno umane o meno soddisfatte quelli che la pensano diversamente. Ho deciso di rimanere senza figli. E quindi? Non ho bisogno di partorire per essere una vera donna. Non ho bisogno di un figlio per sperimentare l’amore incondizionato e il sacrificio. Non ho bisogno di un bambino per essere felice. Decisamente non ho bisogno di un figlio per quando sarò anziana. E non cambierò idea; ho più di otto buone ragioni per non farlo. Come disse Anaïs Nin: “La maternità è una vocazione come tante altre. Dovrebbe essere scelta liberamente, non imposta alle donne”. Le critiche sono già abbastanza.