Bangladesh, tragico crollo fabbrica di vestiti: moda sotto accusa
2 Maggio 2013 - di Claudia Montanari
DACCA – Una grande fabbrica di vestiti che si è trasformata in un vero incubo. Un palazzo di otto piani nella periferia di Dacca, in Bangladesh, è crollato uccidendo 387 persone (bilancio provvisorio). A seguito del del cedimento del palazzo, che ospitava una fabbrica di vestiti, sono partite le accuse a diversi marchi occidentali che producono qui alcuni dei loro prodotti.
Cinque le aziende che lavoravano nell’edificio: Ether Tex, New Wave Bottoms, New Wave Style, Phantom Apparels e Phantom Tac, con circa tremila addetti, tra cui moltissime donne.
Le compagnie New Wave, in particolare, stando a quanto riporta la ong Campagna Abiti Puliti sul suo sito, produrrebbero vestiti per alcuni brand, alcuni dei quali hanno già ammesso l’esistenza di rapporti con queste fabbriche, tra cui Primark (UK / Irlanda), Bon Marche (UK), Joe Fresh (Loblaws, Canada), El Corte Ingles (Spagna) e la spagnola Mango.
Sono spuntati anche riferimenti all’italiana Benetton benché ancora nulla sia certo. Secondo quanto riportato dall’Ansa, “nessuna delle aziende coinvolte nel tragico incidente di Dacca – ha spiegato Luca Biondolillo, di Benetton – è ad oggi un nostro fornitore. Ad una ricerca attenta abbiamo verificato che quantomeno un ordine in passato c’è stato, forse due: si tratta di una fornitura occasionale, one shot, e probabilmente in subfornitura come capita nel settore del tessile. Ma a fine marzo lo avevamo già eliminato dai nostri fornitori regolari per gli audit non convincenti che ci erano arrivati. Bisogna però precisare che questi audit non comprendono mai informazioni sulle strutture degli edifici”. Benetton, commenta l’Ansa, non smentisce le foto scattate in cui si vede tra le macerie un capo con evidente etichetta Benetton né il foglio con l’ordine, ma sottolinea l’occasionalità della fornitura.