Belli i vestiti delle star sul red carpet… Ma quanto costano?
27 Febbraio 2012 - di Claudia Montanari
Bisogna proprio dirlo: se è vero che “paese che vai, usanza che trovi”, è anche vero che la moda dei cachet stellari per Vip stellari non cambia se si è in Italia o a Hollywood. E mentre qui le polemiche sulle migliaia di euro elargite a Celentano, anche la notte degli Oscar sarà ricordata non solo per il trionfo di un film muto (‘The Artist’) e per il ritorno di Billy Cristal come conduttore dopo la rinuncia di Eddie Murphy, ma anche per le polemiche che in tempo di crisi imperversano sugli abiti da sogno che indosseranno le star. Mai come quest’anno infatti sono stati tanti i marchi famosi pronti a darsi battaglia per assicurarsi le giovani star più promettenti, da Jessica Chastain a Michelle Williams ad Emma Stone fino a Bérénice Bejo, e se è vero che almeno i soldi delle griffe non sono di certo quelli dati dai cittadini attraverso le tasse, è anche vero che comunque, in tempo di crisi, è “uno schiaffo alla miseria”.
“La cultura di pagare le star per indossare le proprie creazioni è enormemente cresciuta -rivela al “Financial Times” un’autorevole fonte di Hollywood- Alcune attrici firmano contratti per quattro eventi in cui indossare abiti dello stesso stilista, ricevendo enormi benefici e somme incredibili”. Secondo la fonte “tutti hanno un guadagno in questo: agenti, stilisti, ognuno di loro trae un profitto da questa ‘partnership'”.
“Ma le star non amano affatto parlare di quanto incassano- ammette ancora al noto quotidiano britannico Simon Astaire, ex intermediario di partnership tra celebrità e brand (per fare un esempio, quello tra Bulgari e Charlize Theron)- non desiderando apparire come persone che ‘si fanno pagare’ per indossare un abito”.
Su diciotto interviste realizzate dal “Financial Times” sul tema tra executive, agenti, intermediari della moda, ben dodici di questi hanno chiesto di interrompere qualsiasi registrazione quando si trattava di parlare di questo argomento, temendo le reazioni della casa di moda e, ovviamente, delle attrici. Circa i compensi delle star, però, già l’anno scorso lo “US Weekly” aveva rivelato che una delle conduttrici dell’edizione 2011, Anne Hataway, era stata pagata ben 750mila dollari da Tiffany & Co. per indossare i suoi gioielli durante la notte degli Oscar. Stessa storia per Gwyneth Paltrow, pagata 500mila dollari da Louis Vuitton per indossare quella notte dei ciondoli firmati durante la sua performance, in cui si esibiva cantando “Coming Home”. Nel 2010 il fashion blog ‘Fashionista.com’ pubblicò una lista di ‘onorari’ per celebrità che partecipano ad eventi pubblici, raccolti mediante fonti anonime interne all’industria della moda. Nella lista figuravano cifre come 100mila dollari per Rihanna, 80mila per Beyoncé, 60mila per Julianne Moore.
Il più grande ‘smascheramento’ del compenso alle star per indossare i prodotti si è avuta, comunque, nel 2008. La lucrativa attività collaterale dell’attrice Charlize Theron come testimonial fu infatti rivelata da Raymond Weil, fondatore della casa di lusso di orologi, che la citò in giudizio – lei e la sua casa di produzione cinematografica, la Denver Delilah – per 3 milioni di dollari di danni dopo che la Theron aveva indossato un orologio Christian Dior in pubblico al Southwest Festival, in Texas, mentre l’attrice era ‘sotto contratto’ con la Weil. Non fu l’unico caso: nella causa emerse che l’attrice fu pagata 50mila dollari da Chopard per i Bafta Award a Londra nel 2006, e circa 200mila dollari per indossare i loro gioielli durante tutto quell’anno.
Nell’autunno del 2006, Montblanc accettò di pagare ben 250mila dollari alla Theron perché indossasse una delle sue collane in una campagna pubblicitaria. La grande macchina di Hollywood non sembra fermarsi, nemmeno in questo. “Fin quando una star appare fantastica- dice al “Financial Times” Ilaria Alber-Glanstaetten, capo esecutivo del brand di lusso Provenance- non credo che al consumatore importi se è stata pagata per indossare quell’abito. La relazione tra red carpet e vendite non è ancora stata dimostrata, ma è una questione di visibilità. C’è la paura di non essere su quel tappeto rosso. Sta diventando una situazione di questo tipo: se tutti gli altri marchi ci sono, puoi permetterti di non esserci?”.
Fonte: Adnkronos