Come evitare capi Made in China? Comprando al mercatino dell’usato!
11 Dicembre 2014 - di Silvia_Di_Pasquale
Come evitare capi Made in China? La risposta: comprando al mercatino dell’usato. “Con tre, quattro, cinque euro si può comprare un capo anche particolarissimo, osare qualcosa di più, e magari ci si può permettere di metterlo anche una sola volta nella vita”, spiega all’Adnkronos Italo Piccoli, docente di Sociologia dei Consumi all’Università Cattolica di Milano. E poi ancora:
“…ormai nei negozi i vestiti sono tutti uguali, la gente ne ha pieni gli armadi. Non ci si vuole rassegnare al capo di bassa qualità, di provenienza cinese, si cerca l’occasione: un’emozione del passato”.
Chi compra vestiti di seconda mano non cerca il capo di moda omologato e commerciale: tra gli abiti usati si trova quel vestito di qualità che il ceto medio una volta si poteva permettere e ora con la crisi non più. Ci sono gonne, giacche, pantaloni di grandi marchi, che raramente provengono da Paesi asiatici.
La maggior parte dei vestiti arriva dal riciclo del cosiddetto rifiuto tessile, ovvero gli abiti “donati” a ogni cambio di stagione.
“Sono circa dieci, quindicimila i cassonetti di raccolta nel nostro Paese”, dichiara sempre all’agenzia di stampa Edoardo Amerini, presidente del Consorzio Nazionale Abiti e Accessori Usati . “In Italia l’Ispra stima che nel 2012 ne siano state raccolte 99mila e 900 tonnellate. Al centro la raccolta è pari a circa 2,07 chili per abitante, al Nord a 1,92 e al Sud a 1,14 chili pro capite annui”.
Ma attenzione: al mercatino dell’usato tra i capi vintage possono intrufolarsi anche vestiti made in china, generalmente sono quelli che hanno ancora le etichette. In questo caso se è garantito il risparmio economico, ciò non vale per la qualità dei tessuti. A quel punto diventa tutto inutile!