Maglietta pipistrello: la Cina contro il marchio Lululemon
22 Aprile 2020 - di Claudia Montanari
Lululemon al centro di uno scandalo a sfondo razzista.
Un art director dell’azienda candese ha promosso, sul proprio profilo Instagram, la vendita di una maglietta che ha fatto discutere.
Sulla maglietta vi è disegnata quella che sembra una confezione di cibo d’asporto con due ali di pipistrello.
Un richiamo che, in tempi di Covid-19, è suonato ai cinesi come un attacco a tema razzista.
La maglietta è stata realizzata dall’artista californiano Jess Sluder ed è stata identificata con il nome “bat fried rice”.
Come ha riportato Reuters, il social cinese Weibo è stato letteralmente invaso dall’hashtag “LululemoninsultsChina”.
Secondo gli utenti cinesi di Weibo, il design della maglietta sarebbe un chiaro riferimento razzista alle origini della pandemia globale di coronavirus nella città di Wuhan, capitale della provincia di Hubei.
Le scuse di Lululemon
A seguito dell’accaduto, Lululemon ha rilasciato una nota ufficiale sui propri canali social.
Il marchio ha specificando che la maglietta in questione “non è un prodotto Lululemon”. Ha inoltre aggiunto che l’art director “non è più un dipendente”.
In una dichiarazione a Reuters, l’art director in questione ha affermato di essersi “pentito profondamente” di aver ripubblicato l’immagine della maglietta.
La Cina è uno dei mercati più importanti di Lululemon.
Secondo il rapporto annuale 2019 dell’azienda, la Cina rappresenta il suo quarto mercato in termini di punti vendita. Ora ha più di 38 negozi in tutto il paese, tra cui Hong Kong.
Il caso Dolce&Gabbana
Questa vicenda ricorda fortemente un altro scandalo che ha coinvolto il marchio italiano Dolce&Gabbana nel 2018.
All’epoca, il brand aveva pubblicato dei video considerati razzisti e offensivi dal popolo cinese.
Inoltre, erano stati anche resi pubblici dei presunti messaggi (privati) che Stefano Gabbana avrebbe inviato, attraverso Instagram, lamentandosi dell’incompetenza del suo staff cinese, con frasi offensive verso il popolo cinese.
A seguito dell’accaduto, Dolce&Gabbana hanno chiesto pubblicamente scusa.
Tuttavia, la Cina ha boicattoato il brand facendogli registrare un reale calo dei ricavi.