MFW F/W 2018-19 – Tutte le Sfilate (FOTO)
26 Febbraio 2018 - di Claudia Montanari
Scostumista-MFW F/W 2018-19- Si è chiusa ieri la settimana della moda milanese. Vedendo le collezioni proposte dagli stilisti per il prossimo inverno mi è venuto in mente un bellissimo documentario prodotto da Arte France e il Musée d’Orsay intitolato “Quando l’Impressionismo inventò la Moda”, in cui grazie ai quadri di Monet, Manet, Degas…scopriamo come vestivano gli uomini e le donne nella seconda metà dell’Ottocento. Nel corso del documentario ci si interroga su come verrà documentata la moda attuale tra un secolo, e ci mostra come un riferimento che ben rispecchia la realtà quotidiana sulle tendenze di questi anni è il lavoro che svolge Scott Shuman con il suo sito The Sartorialist. Shuman fotografa persone vestite in modo interessante per le vie delle capitali mondiali e l’autore del documentario ci mostra un bel parallelo tra le immagini dei quadri impressionisti e le immagini “street-style” catturate dal fotografo americano. Karl Lagerfeld in un’intervista agli autori del documentario sostiene che le sfilate invece non rispecchiano l’abbigliamento quotidiano scelto dalla gente che incontriamo per strada, e che oggi molti grandi artisti propongono abiti che vanno bene per una sfilata, ma che tra 50 anni non rifletteranno la vita di oggi. Alla luce di queste ultime sfilate milanesi, l’affermazione di Karl Lagerfeld può essere confutata. Già anche con la London Fashion Week, che una volta veniva additata come un parco giochi di esperimenti per ragazzi delle scuole di moda, si nota che anche la capitale britannica sta rapidamente diventando epicentro di una moda più seria e convenzionale. I designer italiani sono da sempre attenti al mondo reale, e da sempre si contraddistinguono per una moda portabile e di facile fruizione. La tendenza vista con queste sfilate è quella di tornare alle proprie origini, i brand rivisitano il loro heritage e confermano lo stile che li ha resi famosi. Pioniera di questo orientamento è stata Donatella Versace che lo scorso settembre con la sua sfilata tributo al fratello Gianni ha rivisitato le collezioni iconiche degli anni d’oro della medusa e con quest’ultima collezione che ha chiamato “The Clans of Versace”, ha presentato stampe scozzesi, corsetti, bustier indossati sopra t-shirt firmate Versace e gonne collegiali/punk. Lo show “Folk/deco” presentato da Veronica Etro conferma il dna del marchio che festeggia 50 anni ed è un tripudio di stampe etniche, di coperte e frange di seta, della nappa e del classico motivo paisley. Paul Surridge di Roberto Cavalli, ora alla sua seconda stagione sembra apparentemente bloccato tra l’eredità del marchio: l’animal print e i suoi costumi contemporanei. Missoni ricicla addirittura suoi vecchi tessuti per formare nuove maglie patchwork; e anche Tod’s torna alle proprie radici, al casual di lusso, creando pezzi belli e che funzionano nella vita reale. Paul Andrew è stato assunto da Salvatore Ferragamo 18 mesi fa per disegnare scarpe, ma ora è anche responsabile del settore femminile e ha il compito di dare al marchio una nuova coerenza e modernità. Il suo punto di partenza per il prêt-à-porter sono sempre le scarpe, ha detto, e l’archivio Ferragamo, che risale agli anni ’20, ha avuto un ruolo importante. La ricca e invitante tavolozza di colori è un arcobaleno di basi incentrate sulla pelle per entrambi i sessi, sui soprabiti foderati con la stampa dei foulard di seta, sui pantaloni pieghettati ancorati alla caviglia, e su blazer ordinati. L’eleganza sobria di Giorgio Armani si manifesta con una collezione eclettica in cui abiti in velluto con risvolto, top con cristalli, giacche e abiti con paillettes e cappelli in pelliccia ecologica sembrano provenire da ogni parte del mondo. Ritorno alle origini anche per Marni, Francesco Risso per la collezione autunno-inverno 18-19 disegna una linea che unisce il passato con il contemporaneo, le donne indossano cappotti in vinile, gonne a pieghe, lunghe maglie e abiti di paillettes patchwork. “Preghiamo Dio di essere buoni e rendere la moda più bella. Diciamo grazie alla Vergine “, ha detto Stefano Gabbana da una chiesa costruita per la sfilata all’interno del loro Quartier Generale, che ricorda le facciate delle antiche cattedrali delle città del Sud Italia. Dolce & Gabbana attinge a tutti gli artefatti cattolici dai cuori sacri alle mitre papali, sfilano come in una processione cappotti con croci ricamate, giacche da cardinale e gonne ricamate come vesti papali. Il dna barocco del brand è più che mai evidente in questa collezione. Il risorgere del movimento per i diritti delle donne ha generato alcune interessanti reazioni sulle passerelle di questa stagione. “Nella mia posizione di ricco stilista di moda posso essere utile”, ha detto Miuccia Prada, osservando come non desiderasse entrare attivamente in politica, ma piuttosto proponendo attraverso il suo lavoro una moda che può essere una voce non superficiale. Nel contrasto tra i gilet maschili e i colori forti al neon – e tutti gli altri opposti evidenti che hanno definito questa collezione – Prada ha voluto sottolineare come l’equilibrio sta nella costante dualità tra l’ essere forte e in grado di proteggere se stessi e ciò che le donne hanno ereditato: dolcezza e femminilità. Stesso discorso per Alberta Ferretti e per Philosophy di Lorenzo Serafini, che al romanticismo e alla delicatezza che contraddistingue entrambe i brand hanno voluto aggiungere una silhouette androgina, amplificando le spalle per rendere l’immagine di una donna più forte. Gucci non può attingere alla sua eredità storica, non ora che alla guida c’è colui che ha trasformato il più classico dei brand nel più desiderato dai millenials. La collezione di Alessandro Michele, continua a rifarsi all’estetica multiforme creata per Gucci, ed è basata sull’idea di una trasformazione superumana, principalmente attraverso i vestiti. In Gucci c’è tutto, c’è il passato, un passato anche lontanissimo come quello dell’estetica medioevale, c’è lo sport e il sartoriale, il pop e l’elite e forse proprio Alessandro Michele rispecchia questo nostro tempo dove le tendenze non esistono più, ma c’è l’eredità ricchissima che la nostra cultura ci offre come fonte inesauribile d’ispirazione. di Annapaola Brancia d’Apricena