Millennium Boho: la tendenza del nuovo millennio
13 Ottobre 2015 - di Claudia Montanari
ROMA – È facile dopo un po’ di tempo identificare degli stili che hanno caratterizzato un’epoca. Possiamo analizzare facilmente il secolo scorso e dire ad esempio che negli anni ’20 nasce lo stile Flapper, negli anni ’50 il New Look, nei ’70 l’Hippy, nei ’90 il Grunge (andando per linee generali senza addentrarci in sottoculture e altri stili alternativi). E in questo Millennio? Qual è la tendenza che si è imposta dopo il 2000 e che ora a più di dieci anni di distanza possiamo provare ad identificare? Io direi il Boho.
Boho come bohémien, bohémien style, boho/chic. Beh nulla di nuovo se si pensa che questo termine fu usato per la prima volta all’inizio del secolo scorso per indicare uno stile di vita di poeti e artisti volto a dissacrare i valori borghesi precostituiti. Concentrandosi per la maggior parte nel quartiere gitano di Parigi furono chiamati Bohémien per la credenza errata che i gitani provenissero dalla Boemia. L’idea che la società svilisse la creatività e l’immaginazione, dava adito ad un atteggiamento ribelle dei giovani artisti parigini.
Il termine Bohémien si è certamente depauperato di tutto questo significato e riallacciandosi ai giorni nostri, nel campo della moda indica ormai uno stile di abbigliamento fatto di elegantissimi abiti lunghi dall’ allure gitano, mischiato a frange, gilet, pellicce vintage, sciarpe e tuniche di seta con un mix di tessuti etnici.
Si ritiene che il look Boho/chic, influenzato anche dallo stile hippy, sia nato intorno al 2004 grazie ad outfits superpaparazzati di Kate Moss e di Sienna Miller. Lo stile Boho di dieci anni fa rispetto a quello che si è visto nelle collezioni di questi ultimi anni si differenzia forse per il fatto che si avvicinava più ad uno stile hippy, una moda da concerto per intenderci (vedi i look di Glastonbury e Coachella), mentre nelle ultime sfilate c’è un richiamo più gipsy/chic.
In effetti se andiamo ancora più indietro nel tempo, Talitha Getty già negli anni ’60 incarnava perfettamente questo stile. Non si inventa niente, questo è un fatto, al massimo si evolve e si sviluppa un concetto. Ma possiamo parlare di evoluzione quando un secolo fa dietro ad un termine come “bohémien” o come “hippy” c’era un’ideologia, uno stile di vita, e ora sono solo parole che indicano una moda per lo più fatta di revival?
Se Baudelaire avesse saputo che ormai a Parigi per identificare una categoria di persone super-chic e attente al proprio life style, viene usato il termine “Bobo”, come crasi di Bourgeois Bohémien, due aggettivi che un secolo prima se li avessero uniti avrebbero fatto a cazzotti, credo che il poeta maledetto ci maledirebbe a sua volta.
“Le parole sono importanti” diceva Moretti, Bohoemien è effettivamente un termine troppo importante per indicare degli abiti. Ma quando guardo la collezione di Lanvin di quest’inverno e sbavo sulle immagini di quei tessuti così preziosi, o se tra la collezione di Chloé mi cade l’occhio sugli abiti lunghi di chiffon indossati con sciarpetta di seta e gilet, per non parlare dei vestiti fluidi e sognanti che ha disegnato Veronica Etro per l’estate 2016…beh Baudelaire, Rimboud, anche voi avreste affermato che questi abiti sono maledettamente belli.