Scostumista, Milano Fashion Week: gli essenziali FOTO
1 Marzo 2016 - di Claudia Montanari
MILANO – Scostumista, Milano Fashion Week: gli essenziali FOTO. La moda serve a renderci più belle. Concluse le sfilate di Milano mi chiedo se l’inverno prossimo saremo dunque più belle. Diversamente dagli esercizi concettuali di fantasiosi designer londinesi o dal barocco contrapposto al minimalismo newyorkese, gli abiti visti sfilare a Milano regalano semplicemente eleganza. In queste settimane di sfilate “semplicemente” è la parola che sono andata a ricercare in ogni outfit, prendendo le distanze anche da quel lieve confine che può delinearsi col termine “banalmente”. Se per fuggire alla banalità bisogna ricorrere a giochi pirotecnici come ha fatto nel vero senso della parola Jeremy Scott facendo sfilare da Moschino abiti bruciacchiati e fumanti allora, quasi evviva la banalità.
Alessandro Michele non ha bisogno di effetti speciali e fuochi d’artificio per catturare l’attenzione sugli abiti che disegna per Gucci, ormai a distanza di un anno dalla sua nomina a direttore creativo, si può dire che ha creato un’estetica trascinante, il suo stile influenza molti designer così com’è stato per Maria Grazia Chiuri e Pier Paolo Piccioli che dal 2007 hanno creato un trend Valentino. Sulla scia di Gucci e di Valentino prende spunti Vivetta, che dai colletti particolarissimi di qualche stagione fa, perde in originalità restando però fedele al suo mood fresco e naive. Le ragazze romantic/rebel di Giamba oscillano tra il pop e il romantico mixando elementi delicati come chiffon e perline con pelle e borchie punk. Restando su un’estetica fiabesca Dolce&Gabbana progettano l’intera collezione ispirandosi a personaggi delle favole, ci sono Cenerentole, Biancaneve, Alice nel paese delle meraviglie, e anche eroine moderne come Frozen che incantano chi le guarda avanzare nei loro abiti luccicanti. Super femminili le donne di Blumarine e le ragazze di Blugirl, il dna lezioso di Anna Molinari si stempera e non eccede, le pellicce colorate riescono ad essere anche grintose, i toni pastello su chiffon seta e laminati vestono bambole romantiche, mentre per Blugirl la prevalenza è di bianco e nero, gonne di tulle trasparenti sono indossate su camicie dal collo vittoriano.
La donna è leziosa, ma con toni più caldi anche da Luisa Beccaria, che con velluti e sete crea abiti lunghi, e vestaglie eleganti che segnano il punto vita. Travolta dall’ondata di romanticismo anche Alberta Ferretti, il suo è un romanticismo retrò, quasi art nouveau, fa indossare stole di pelliccia su abiti e tute in seta beige o pistacchio con intarsi in pizzo. Sulla carrozza della Ferretti viaggia anche Lorenzo Serafini che per Philosophy propone un romanticismo anni ’80, un new romantic interpretato da camicie di musseline con rouches e colli alla Pierrot, pantaloni di pelle rossa o gonne di nappa nera dalle forme morbide a tulipano. Da quest’onda romantica deraglia invece Fendi, che cavalca l’onda del decoro ondulato, ok sembra un gioco di parole, ma sono proprio le onde ad ispirare Karl Lagerfeld che per questa collezione fa ondeggiare colli, maniche stivali e borse. Prada convoglia tutto ciò che le viene in mente in questa collezione, ci sono quindi cappe di pelliccia, cappotti militari, gonne a ruota, maniche importanti e silhouette anni ‘40, cappelli da marinaio, tubini di velluto, ampie cinture-corsetto, un casino estetico che però affascina e non annoia. Per i fedeli dello stile bohémien, Etro ci rassicura con tessuti stampati paisley e floreali, velluti e chiffon, toni caldi e avvolgenti, mentre più glam e meno boho è lo stile che Peter Dundas sceglie per Roberto Cavalli, prendendo spunto dagli anni ’20 e ’60, questa è la collezione e il linguaggio giusto per il brand fiorentino. Ci sono poi stili che non ricevono contaminazioni, restano negli anni fedeli alla loro linea, e di questo rigore è dotato Giorgio Armani, che non si fa influenzare da trend e volant del momento, ma disegna forme androgine, impreziosite da velluti e merletti con prevalenza di total black. Sulla scia del rigore anche Ports 1961, ispirato al guardaroba maschile e Agnona, più femminile, ma senza orpelli. Minimalismo poetico e destrutturato per Damir Doma in contrasto col massimalismo e l’iper-decoro visto in prevalenza a Milano. Giochi di linee e colore da Salvatore Ferragamo mentre Missoni gioca col colore sì, ma laminato, Marni punta sulle forme creando asimmetrie insolite.
La moda di Milano è quindi semplice, massimalista, decorata, ma anche romantica, fiabesca, glam, bohémien, colorata, minimale, ma soprattutto è semplicemente “wearable”. E sa renderci più belle.