Cindy Lauper porta a Roma i successi di 30 anni
8 Luglio 2016 - di Silvia_Di_Pasquale
“Non è mai troppo tardi” per Cindy Lauper. Lo dice lei stessa sul palco dell’Auditorium Parco della Musica di Roma al pubblico che non riempie del tutto gli spazi della Cavea, ma che applaude e venera la star newyorkese, tra le indiscusse regine del pop di tutti i tempi. La stravagante cantante del Queens con origini italiane ha compiuto 63 anni il 22 giugno scorso, eppure sembra una ragazzina. Dreadlocks rosa, pantaloni di pelle, maniche di pizzo nero. Agita come un tempo il suo corpo esile, si diverte nel raccontare al pubblico aneddoti sulla sua infanzia e canta con una voce sempre inconfondibile.
L’icona pop anni ’80 porta a Roma i brani del suo nuovo album “Detour” uscito a maggio scorso e alcuni pezzi di quello che è diventato un patrimonio collettivo, che ha fatto ballare almeno quattro generazioni: trent’anni di storia, da quando, nel 1983, l’album “She’s so unusual” la consacrò al successo. Non poteva mancare, penultimo in una scaletta di dieci pezzi, il brano “When you were mine”, scritto da Prince. Cindy Lauper lo presenta ricordando la persona “davvero divertente” che è stato il suo amico e invitando il pubblico ad amare le persone giuste “perché la vita è breve”. Su “Money”, ultima canzone del concerto, Cindy presenta la sua band e i fan provano ad avvicinarsi al palco. Diventeranno incontenibili, poco dopo, durante il bis, quando Cindy Lauper intonerà i primi versi di “Arrivederci Roma” per poi scatenarsi sui brani più amati di sempre: “Time after time”, “Girls just wanna have fun” e “True Colors”.
Cyndi Lauper è stata recentemente intervistata da Io Donna. Alla domanda: “Sua nonna era di Palermo. Le sue radici siciliane l’hanno influenzata?”, la cantante dai capelli rosa ha risposto:
“Totalmente (e qui si lancia in un quasi-monologo, come un fiume in piena,ndr)! A mia nonna – che lavorava nel palazzo di una principessa – non era consentito scegliere in autonomia: suo padre decise di darla in moglie ed ecco come arrivò a New York senza sapere una parola d’inglese, forzata a pulire, a cucinare, a lavare i panni nella tinozza… Anche a mia madre e a mia zia venne negato il potere di realizzare quel che sognavano… Prestissimo ho constato: “Oh mio Dio, ecco da dove vengo!”.