Noemi si racconta a Repubblica: a Londra è felice, “Roma mi stava stretta”
22 Aprile 2013 - di Claudia Montanari
LONDRA – Noemi, la cantante vincitrice morale di X Factor nel 2009, è un peperino e i capelli rosso fuoco testimoniano. Che la sua città per antonomasia fosse Londra c’era da aspettarselo da un pezzo.
Giuseppe Videtti racconta su Repubblica la Noemi cantante e la Noemi persona. La Noemi che ora fa la pendolare tra Londra e Milano, dove è impegnata come coach al programma “The Voice of Italy”.
Così nomei racconta a Repubblica: “Avevo bisogno di aria nuova, di nuove energie. L’Italia è bellissima, ma musicalmente letargica. Volevo incontrare persone, fare progetti, e così siamo partiti. Difficilissimo all’inizio trovare casa“.
E adesso si è trasferita a Londra insieme al compagno, Gabriele Greco, con il quale divide una boheme “due camere e cucina”.
“Ci troviamo benissimo -racconta- facciamo molte jam session, al Troy Bar, all’Open Mic, al Ronnie Scott’s, che ormai è diventato una colonia italiana. Mario Biondi ci ha suonato una settimana, sold out ogni sera. Spero che nessuno la prenda a male ma il prossimo disco vorrei farlo a Londra“.
Certo, l’Italia e quello che le ha offerto il suo paese di origine non la rinnega: “Non mi lamento, ho avuto la possibilità di cantare pezzi bellissimi, firmati da autori egregi come Vasco Rossi, ho duettato con Fiorella Mannoia, ho partecipato al Festival di Sanremo, ma mi piacerebbe tornare dall’Inghilterra (tornerò?) con un album dai suoni modernissimi che sia lo specchio di me, della mia generazione e di quel che è oggi la musica. Ho ascoltato il cd di Laura Mvula e sono rimasta affascinata dalla produzione oltre che dalla voce; il brano intitolato She, dove l’elettronica si mischia ai cori africani, è pazzesco. Lei è uno di quei personaggi che riescono a combinare con estrema libertà la musica delle radici con suoni moderni e radiofonici. Spero di avere la forza di proporre un progetto del genere, correndo dei rischi, perché la mia carriera è praticamente cominciata ieri. Vorrei arrivare dove è arrivato Lorenzo Jovanotti, uno sperimentatore, uno che ama osare e se lo può permettere. Ha fatto scintille a New York. Che sia il momento degli italiani?“.
Però Roma le stava “stretta”. Non per la città in sè, ovvio, ma perché a Roma gli impresari hanno paura di rischiare e a quanto pare non basta dimostrare di aver venduto in tre anni 450 mila copie di dischi: “Ultimamente quando contattavo il proprietario di un club mi diceva, quanta gente sei in grado di portare? Capisce? A Londra i musicisti vivono del loro mestiere, da noi invece sono quasi tutti disoccupati. Per me è ancora più difficile. Pensano che ho avuto fortuna solo grazie a X Factor. Ma che scelte avevo? Cos’altro offre la tv? Io non sono quella di un passaggio in playback e via, mimare la canzone mi mortifica. Qui riesco a vivere di musica, sono affascinata e stupita dalle persone che incontro, dalla passione che mettono nel loro lavoro. L’Italia è in una fase di panico che gela ogni cosa, anche la creatività. Intendiamoci, non sono venuta con l’idea di spopolare all’estero e di suonare alla Royal Albert Hall, ma solo per mettermi in discussione. Ho conosciuto una giovane cantante di jazz, Marta Capponi, mi ha detto: ‘Le mie certezze vacillavano, sono venuta a Londra in cerca di conferme’. Questo è esattamente il mio atteggiamento, la mia fuga è una sfida. Qui il livello è altissimo, nei club si esibiscono cantanti di prim’ordine, pensavo non mi prendessero neanche in considerazione. Invece è successo, ed è una bella soddisfazione. Ho bussato alle porte, come una qualsiasi principiante, e il passaparola è stato formidabile. Lo scambio con musicisti e autori è continuo, proficuo. Ho conosciuto un giovane produttore dubstep, Silkie, che mi ha già proposto degli arrangiamenti. È bello sentirsi apprezzata”.