Claudio Santamaria: “Vivo il sesso in maniera libera”
12 Aprile 2016 - di Silvia_Di_Pasquale
Claudio Santamaria si racconta nel corso di un’intervista al Corriere della Sera spiegando il percorso attraverso il quale è riuscito a diventare Enzo Ceccotti nel film “Lo chiamavano Jeeg Robot“, ma anche della sua vita di attore, uomo e padre, fatta anche di dubbi, insicurezze dissipate solo col tempo ed il lavoro:
“Studiando al liceo artistico, ho sempre pensato che sarei diventato architetto — rivela Santamaria —. Disegnavo molto bene, avevo ottimi voti”. E invece? “Mi divertivo a usare la voce, a inventare personaggi e fare le imitazioni. Dopo una prima esperienza nel doppiaggio, mi sono iscritto a un corso di recitazione trovato sulle Pagine gialle. Mi è capitato un bravo insegnante, Stefano Molinari, che veniva dal metodo Stanislavskij. È stato lui il primo a dirmi che avevo talento e mi ha scioccato: ci ho messo anni a prendere coscienza”.
Per calarsi nei panni di Enzo-Hiroshi è dovuto ingrassare di 20 chili.
“Al provino Gabriele (Mainetti,il regista) mi ha detto che avevo la trasparenza e l’ombrosità giuste, ma che ci voleva un corpo pesante, una corazza da orso. Mi sono allenato in palestra e ho iniziato a mangiare cinque volte al giorno, dosi massicce di proteine e due etti e mezzo di pasta. Sono arrivato a pesare un quintale”. Per il ruolo di Rino Gaetano era dimagrito parecchio: “Ero dimagrito di 10 chili, lì ho capito che fare l’attore è una missione”.
Non manca un accenno alla vita sentimentale di Claudio Santamaria, considerato uno degli attori italiani più affascinanti del panorama cinematografico contemporaneo:
“Perché un rapporto funzioni serve complicità: fisica, emotiva e di testa”. Si riconosce nell’immagine di sex symbol? “Sì, nel senso che vivo il sesso in maniera libera. Mi danno del tenebroso, ma sono solare”. Si sente un seduttore? “Piuttosto un cacciatore passivo. Aspetto gli eventi e credo nel colpo di fulmine: quando scatta qualcosa, mi muovo”. Qual è l’arma segreta delle donne? “Intuito, sensibilità… Ma penso che in tutti noi ci sia un lato maschile e uno femminile. L’essere umano è complesso e credo che ognuno dovrebbe seguire il proprio sviluppo naturale, senza forzature. Non sono uno di quei genitori che impongono alle femmine di giocare con le bambole, ai maschi con le macchinine. Mia figlia è ancora piccola, ma cerco comunque di assecondare le sue inclinazioni. Di intervenire solo se osservo comportamenti poco rispettosi di se stessa o degli altri”.