Game of Thrones, Outlander, OITNB: nelle serie tv Usa il sesso è femmina
7 Gennaio 2015 - di lbriotti
ROMA – E’ in corso una rivoluzione sessuale nelle serie tv americane. Ad imporsi in maniera sempre più consistente è l’universo femminile: non soltanto perché la donna scalza il maschio dalle posizioni di comando e lo relega in “secondo piano”, ma anche da un punto di vista più strettamente erotico e carnale. La donna conquista un ruolo di dominatrice sessuale in un gran numero di telefilm che mostrano il sesso dal punto di vista femminile in tutte le sue sporche, scomode e più spinte forme.
Sorprendentemente a fare da apripista è stato Game of Thrones, che nella versione italiana conosciamo come Il Trono di Spade. Una serie triviale e medievale che ha più volte acceso il dibattito, in America come in Italia, sui ruoli di genere e il sessismo in tv. Al punto da ispirare il noto critico statunitense Myles McNutt a coniare il termine “sexposition“, che non si riferisce alle mere posizioni sessuali ma è una crasi tra sex ed exposition, ovvero l’uso di scene di sesso esplicito come sottofondo per l’esposizione intradiegetica da parte dei personaggi di fatti antecedenti o delle loro motivazioni.
Con Game of Thrones, settimo episodio della seconda stagione, il paradigma è ribaltato. Dopo aver fatto scandalo, poche settimane prima, mandando in onda una controversa scena di stupro, senza stigmatizzarla come tale, gli sceneggiatori scoprono improvvisamente che che il desiderio è (anche) femmina. Protagonista è sempre Daenerys (Emilia Clarke), madre dei draghi e regina degli eserciti, che ordina all’aitante guerriero Daario (Michiel Huisman) di togliersi i vestiti. E lui obbedisce: quello che ne consegue è forse più avvincente di qualsiasi scena di sesso acrobatico di tutto lo show. La fotocamera si sofferma sul corpo nudo maschile, posto di spalle: all’interno della cornice vediamo Daenerys che, sorseggiando vino, reclina il capo e mostra apprezzamento per ciò che sta guardando.
Negli Stati Uniti, si sa, le scene di nudo integrale, con rapporti sessuali annessi e connessi, non sono una novità, come ben sanno i fan delle serie targate HBO (True Blood su tutte) e Showtime (Californication ha fatto scuola). Ma sta di fatto che fino a poco tempo fa il sesso restava qualcosa di girato e pensato per l’universo maschile. Anche gli show che sposavano politiche di genere più attente e femministe tendevano a ripiegare su inquadrature classiche di T-and-A (volgarmente traducibile in “tette e culi”) come parti decorative del paesaggio circostante. Nell’infinito mondo delle serie tv la vita sessuale delle donne era un elemento solitamente minore, inserito in un contesto moralizzante, spesso per offrire l’opportunità all’uomo di dimostrare tenerezza o, più comunemente, come destinatarie di brutalità, verbale e non.
Ora viene data anche ai personaggi femminili la possibilità di essere sessualmente attivi: la rivoluzione sessuale sta tutta qui. Al punto che l’emittente Showtime, per dare scientificità all’argomento, ha dato vita a un nuovo spudorato telefilm: Masters of Sex, tratto dalla biografia dei due sessuologi statunitensi, William Masters e Virginia Johnson, pionieri degli studi sulla sessualità umana a partire dalla fine degli anni Cinquanta. Qui l’espediente meta-narrativo del voyeurismo scientifico ci porta alla scoperta dell’umana sessualità fino ad allora silenziata. Sdoganando tutti i tabù, in primis quelli sul piacere femminile.
Ma quell’immagine di Game of Thrones, una donna che saggia con gli occhi il corpo di un uomo per il proprio piacere, ha rappresentato un punto di svolta. La rivediamo in Orphan Black, quando il clone più autoritario di Tatiana Maslany ordina a un dipendente di spogliarsi in modo da poterne ispezionare gli attributi. Mentre in The Mindy Project, che ha avuto l’ardire di mandare in onda sulla tv generalista un episodio in cui si negoziava il sesso anale, quasi ogni settimana si è intravisto un torso nudo di Chris Messina.
Persino nello spy-thriller The Americans, il sesso rappresenta una visione intima della vita di coppia tra Phillip ed Elizabeth Jennings, due agenti segreti del kgb, mandati in incognito negli Stati Uniti negli anni della Guerra Fredda.
E ancora con Orange is the new black, che pure impiega diverse inquadrature occhieggiando al corpo femminile, a tutti i personaggi, in prevalenza donne, è concessa una vita sessuale. In un episodio della scorsa stagione, vediamo la dispotica Vee, interpretata da Lorraine Toussaint, a letto col suo amante: fa effetto il topless di una donna di 54 anni, che può concedersi il lusso di apparire nuda, forte e desiderabile al tempo stesso.
E poi c’è Outlander, da alcuni ribattezzato come il Game of Thrones per signore, che dopo un esordio fin troppo lascivo con una scena di cunnilingus in un castello abbandonato della Scozia degli anni ’40, ci catapulta indietro nel XVIII secolo. Qui, dopo sei episodi di casti preliminari, va in scena quella che Maureen Ryan sull’Huffington Post, ha definito “una rappresentazione della nudità e dell’intimità a dir poco rivoluzionaria”, per la volontà esplicita di trasmettere il punto di vista femminile.
L’episodio, intitolato “Wedding”, racconta il matrimonio tra Claire (Caitriona Balfe) col bel fusto scozzese Jamie (Sam Heughan) e mette in scena l’intera prima notte di nozze. Claire, viaggiatrice nel tempo contro la sua volontà che ha lasciato un marito nel 1940, è sicura ed esperta mentre Jamie è il timido verginello. Il sesso è imbarazzante e caldo: non si tratta della sicura conquista del maschio sulla compiacente donna-premio, ma di un delicato momento di intimità, tra due persone che arrivano a conoscersi per la prima volta, corpi inclusi.
Tutte queste donne non vengono rappresentate come esempi sbagliati o fuorvianti per ciò che desiderano e per il fatto che amino il sesso al pari degli uomini. A differenza di molti dei telefilm con cui siamo cresciuti, nei quali le donne che amavano e cercavano sesso venivano puntualmente punite in qualche modo, sembra finalmente rafforzarsi l’idea nella testa degli sceneggiatori televisivi, che valga la pena esplorare il desiderio, indipendentemente dalla sua origine, e che lo sguardo femminile abbia qualcosa da offrire a tutti gli spettatori. In questa nuova ondata di programmi tv è venuto finalmente meno quel desiderio remoto o semi-cosciente da parte dei narratori di imprigionare o uccidere le loro eroine per il solo fatto di essere indipendenti e di non pentirsi dei loro desideri.