Maria, l’angelo e lo Spirito Santo: l’episodio “chiave” nella storia dell’arte
11 Dicembre 2012 - di lbriotti
Maria, l’angelo e lo Spirito Santo rappresentano nella storia dell’arte “l’episodio-chiave” che la fece volare. Questo concetto lo spiega un articolo pubblicato da Francesca Bonazzoli martedì 11 dicembre sul Corriere della Sera. Esattamente, è a partire dal periodo gotico che l’Annunciazione divenne uno dei temi centrali della storia dell’arte. Chi si sarebbe cimentato con questi simboli? Leonardo e il pittore fiammingo Rubens per citare solo due nomi.
Scrive la Bonazzoli:
“A partire dal periodo gotico, quello dell’Annunciazione diventa uno dei temi più frequentati della storia dell’arte: si può dire che tutti i pittori si siano cimentati con esso sia perché il momento dell’incarnazione di Gesù è un passaggio fondamentale nella dottrina della Chiesa, sia perché, proprio per questo, ad esso erano intitolati un gran numero di confraternite, chiese, cappelle e ordini religiosi, ossia i principali committenti degli artisti”.
“All’interno dell’imprescindibile cornice del racconto costituita dai tre personaggi principali — Maria, l’angelo annunciante e lo Spirito Santo in forma di colomba — la scena poteva essere arricchita da diversi elementi simbolici tratti soprattutto dal ricco repertorio dei Vangeli apocrifi e della Legenda aurea scritta nel XIII secolo dal frate domenicano Jacopo da Varagine”.
“Per esempio, nell’Annunciazione oggi agli Uffizi dipinta nel 1333 da Simone Martini su un prezioso fondo dorato, fra la Madonna e l’Angelo inginocchiato davanti a lei, compare un vaso di fiori, riferimento al fatto che, secondo San Bernardo, gran devoto mariano, l’evento fosse accaduto in primavera, il 25 marzo, nove mesi prima della Natività. Ma il vaso attraversato dalla luce, con allusione al grembo materno, era anche simbolo dell’Incarnazione, in alternativa alla finestra i cui vetri trasparenti, simbolo di purezza e verginità, vengono attraversati dai raggi di luce in altre Annunciazioni come quella di Lorenzo Lotto nella versione conservata a Recanati. La stessa in cui Lotto ha enfatizzato lo spavento della Madonna all’entrata improvvisa dell’angelo nella stanza (una presenza vera, tanto da produrre un’ombra sul pavimento) attraverso la fuga di un gatto. Tutt’altro che una bizzarria, la reazione di spavento è contemplata nel Vangelo stesso, quando l’Angelo dice alla Vergine: ‘Non temere, Maria’”.
“Il nostro mite Beato Angelico, invece, facendo protendere famigliarmente uno verso l’altro i volti dei due interlocutori, ha scelto di sottolineare la normalità del miracolo per i puri di cuore. L’angelo, da parte sua, offre generalmente un giglio che però, nella pittura senese, a causa della rivalità con Firenze di cui il fiore è simbolo, poteva diventare un ramo d’ulivo. Soprattutto nel periodo barocco, che amava il movimento e la spettacolarità della messa in scena, il messaggero celeste può essere rappresentato mentre ancora sta per scendere dal cielo e Rubens, per esempio, lo coglie nel momento stesso del suo atterraggio davanti a un’altra Vergine sorpresa.
Un altro elemento fondamentale è il libro: aperto come in Leonardo o nel Pinturicchio, è un’allusione alla profezia di Isaia (Isaia 7, 14) ‘Ecco, la Vergine concepirà e partorirà un figlio’; se il libro è invece chiuso l’allusione è a un altro versetto del profeta (Isaia 29, 11-12): ‘Per voi ogni visione sarà come le parole di un libro sigillato'”.“Altre volte le scritte del Libro sacro sono vergate direttamente sul dipinto e, soprattutto nella pittura del Nord Europa, dentro cartigli che escono dalla bocca dei protagonisti come fumetti. Nell’Annunciazione di Cortona il Beato Angelico ha scritto in lettere d’oro il saluto dell’Angelo e la risposta della Vergine al contrario, come se dovesse leggerla Dio, dall’alto. Non ha fatto nemmeno mancare, sullo sfondo, un letto coperto da cortine rosse, allusione al thalamus Virginis, all’unione di Maria con Dio. Il giardino che circonda l’architettura, e che diventa dominante nell’Annunciazione all’aperto di Leonardo, è un’allusione all’hortus che, contornato da un muro (hortus conclusus) o sostituito da una torre, è simbolo della castità di Maria, la quale, fra i numerosissimi epiteti, ha anche quello di fons hortorum, fontana che irrora i giardini”.
“Ma Beato Angelico, che ben conosceva le preghiere rivolte alla Vergine, sapeva anche che un altro appellativo era quello di Stella maris, significato ebraico di Miriam, e così, nel soffitto del porticato, ha dipinto un cielo stellato, stesso motivo che molti pittori riservano al manto della Vergine. Infine, per saturare di simboli quella che potrebbe in apparenza sembrare solo un’immagine preziosa, aggiunge in alto a sinistra i progenitori cacciati dal paradiso sottolineando così il ruolo attribuito a Maria dalla Chiesa come nuova Eva, colei che è predestinata a riparare al peccato di Eva”.