OSLO – Renzo Piano ha realizzato il nuovo museo di Oslo che raccoglie la collezione Astrup Fearnley ewd alcune opere tra le più gettonate dell’arte contemporanea. L’opera si presenta come una nave ed è divisa in due da un canale che separa le parti dell’edificio. L’edificio è munito di due vele di vetro che arrivano al suolo. L’idea è quella di unire l’arte alla natura, la visione di quadri e sculture alla contemplazione della natura.
Italia Oggi dedica un articolo al museo di Renzo Piano:
“La Fondazione Astrup Fearnley, creata da una grande famiglia di armatori norvegesi, cerca di non farsi scappare nulla che possa arricchire la struttura, sia dal punto di vista dell’immagine che da quello della sostanza. Così non mancano Michael Jackson in compagnia del suo scimpanzé Bubble, i quadri di Hulk e i delfini gonfiati. Poi l’intero bestiario di Damien Hirst, con tanto di intestini di mucche, vitelli e montoni. Ancora, la più grande collezione mondiale di Matthew Barney”.
“Ma, al di là di queste icone, il museo ricco di 1.500 opere sa anche aprire percorsi finora sconosciuti, grazie all’intervento dell’islandese Gunnar Kvaran, che dirige la struttura da una decina d’anni e consiglia i proprietari in tutte le operazioni di acquisto. Egli spiega che una delle caratteristiche dell’Astrup Fearnley è quella di continuare a sopravvivere agli artisti, qualunque sia la variazione del loro valore nel tempo”.
“Ovviamente, in questa prospettiva, il dialogo fiducioso con i grandi mercanti d’arte si rivela di fondamentale importanza. Inoltre viene dedicato parecchio tempo alle ricerche nei paesi emergenti. È il caso di India, Cina e Brasile, anche se la presenza americana, che fa tendenza, è sempre al centro dell’attenzione”.
Dato che i programmi del museo sono ambiziosi, si è deciso di investire per creare una nuova sede. E chi meglio dell’architetto genovese poteva realizzare un’opera all’altezza delle aspettative? Ancora Italia Oggi:
“I programmi, dunque, sono ambiziosi. Proprio per questo si è deciso di investire in una nuova sede, all’altezza dei tempi e della filosofia del museo, che trasmette innovazione e apertura culturale. Tutto è cominciato quando un promotore ha contattato il museo per proporre un accordo: nell’ambito dell’operazione immobiliare che era stata pianificata per il porto, è stata negoziata con la municipalità la presenza di uno spazio culturale. Se la Fondazione Astrup Fearnley fosse stata favorevole, sarebbe stato possibile insediarvi l’intera sua collezione a costo zero”.
“Così è stato, non senza che il direttore della struttura ponesse alcune condizioni: la superficie avrebbe dovuto essere il doppio del previsto. Oslo ha detto sì. Un’iniziativa nuova, pianificata da privato a privato, per un paese di tradizione socialista, che ha fatto storcere il naso a più di una persona. Tanto più che altri musei pubblici, dal Munch al nazionale, faticano a svilupparsi. Ma questo, probabilmente, non è un buon motivo per bloccare progetti alternativi, che alla fine arricchiscono la proposta culturale della capitale norvegese”.
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