“Roma Caput Mundi”, la mostra sul dominio e l’integrazione
10 Ottobre 2012 - di lbriotti
ROMA – Una mostra di grande ricchezza, che racconta la potenza universale dell’impero di Roma, è quella che si apre nelle tre sedi del Colosseo, della Curia Iulia e del Tempio del Divo Romolo nel Foro Romano.
Attraverso un centinaio di opere provenienti dai maggiori musei archeologici d’Italia, la rassegna illustra l’espansione politica e culturale della città eterna mettendo in luce, oltre alla volontà di dominio, anche l’aspetto dell’apertura e dell’integrazione nei confronti dei popoli conquistati. Presentata oggi alla stampa dalla soprintendente Maria Rosaria Barbera,”Roma Caput Mundi. Una città tra dominio e integrazione” è stata curata dallo storico Andrea Giardina (docente alla Scuola Normale di Pisa) e dall’archeologo (all’università di Napoli L’Orientale) Fabrizio Pesando, che hanno compiuto insieme una scelta molto mirata di preziosi reperti per restituire al grande pubblico il vero carattere e la complessità di Roma.
Scopo della soprintendenza e dei curatori è stato principalmente quello di ribaltare l’immagine falsata dal cinema. “Dal Gladiatore in poi, e quindi con le fiction più recenti – ha detto la Barbera – è arrivato il messaggio di un impero massacratore, ma è solo una delle facce in cui si manifestò la città eterna”.
“Dominatori, marziali, brutali, sadici”, così, ha aggiunto Giardina, sono ormai gli antichi romani nell’immaginario collettivo. “Non è che questo aspetto non sia stato vero, ma non è l’unico – ha proseguito lo studioso – ogni impero diventa grande infliggendo sofferenze alle popolazioni”.
Nelle sezioni allestite al Colosseo, alla Curia Iulia e la rassegna cinematografica del Tempio di Romolo, il percorso espositivo completa la visione storica, sviluppando il lato di apertura verso i popoli, perseguita nei secoli alacremente. “Fu una società con fortissime disparità, ma al tempo stesso straordinariamente aperta”, ha spiegato Giardina, citando il fenomeno della schiavitù, a Roma ai massimi livelli. Eppure si iniziò a liberarli, approntando procedure burocratiche molto snelle, e i liberti, in età imperiale raggiunsero un enorme potere. Come Narciso, il liberto dell’imperatore Claudio (in mostra una fistula con il suo nome). Per non parlare dell’estensione della cittadinanza romana a tutte le popolazioni soggiogate. Nel giro di tre generazioni, dalla provincie arrivarono imperatori come Adriano e Traiano.
“La mostra ha una narrazione complessa”, ha detto Fabrizio Pesando sottolineando la difficoltà di selezionare opere capaci di evocare questo processo di integrazione. Ecco quindi i pannelli provenienti da una tomba sunnita di Nola (IV secolo a.C.) che raffigurano l’aristocrazia italica o i fregi pompeiani che ricordano come la città campana da oggetto di conquista si trasformò presto in prezioso alleato. Il calco della colonna Traiana parla invece di trionfi come la Vittoria alata rinvenuta negli scavi del Quirinale. Si susseguono i busti dell’imperatore africano (Settimio Severo), di quello barbaro (Massimino il Trace), di Adriano e Traiano, mentre le successive sezioni approfondiscono i temi della schiavitù, della relazione con Atene e i culti religiosi che imperversarono nella Roma imperiale.
(LaPresse)