Pdl, Giorgia Meloni: “Non voglio partito di plastica e chi non discute su decisioni”
10 Dicembre 2012 - di Claudia Montanari
ROMA – All’indomani della decisione di Silvio Berlusconi di tornare “in campo” e presentarsi come candidato premier del Pdl alle elezioni, Giorgia Meloni è stata eloquente nel corso de “La Telefonata” di Maurizio Belpietro su Canale 5: “Bisogna capire dove sta andando e che cosa vuole essere il Pdl. Io ho detto cosa non voglio: non voglio più un partito di plastica, non voglio impresentabili in lista, non voglio un partito che non discute e non condivide decisioni, non voglio un partito di colonnelli, non voglio i parlamentari scelti da cinque persone in una stanza. Voglio un’altra cosa. Se il Popolo della libertà resterà così, io non trovo stimoli per rimanere: la nostra gente merita ben altro”.
“Invece -ha aggiunto- se una totale rivoluzione si dovesse concretizzare e dovesse diventare un altro partito, pronto a essere interlocutore di categorie, famiglie, problemi del lavoro, dei giovani e delle donne, allora ci proverei ancora. Avremo le idee più chiare il prossimo 16 dicembre, giorno nel quale abbiamo organizzato a Roma una manifestazione anche con altri colleghi, come Guido Crosetto”. Meloni non intende “in nessun caso abbandonare il lavoro che abbiamo fatto per far nascere in Italia il Partito popolare europeo, per normalizzare il nostro bipolarismo, perciò non si torna indietro a ipotesi di operazioni nostalgia”.
Sulla fiducia a Monti, l’ex ministro della Gioventù ritiene che “questo esecutivo abbia fatto delle scelte politiche che hanno tartassato il ceto medio senza colpire i grandi ricchi e delle scelte economiche che in molti casi non sono state condivisibili. Ma per dare un segnale, avrei scelto un provvedimento diverso da quello sui costi della politica e avrei aspettato di portare a casa la modifica della legge elettorale almeno con l’introduzione di un qualunque strumento di scelta dei parlamentari, perché stiamo tornando a votare con le liste bloccate, la pietra tombale sulla credibilità della politica. Se non si introducono le preferenze si devono almeno fare le primarie per i parlamentari, sennò veramente la nostra credibilità è terminata”.