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E’ determinante la figura del papà: se manca, figli insicuri

ROMA- Il 13 Marzo prossimo uscirà il libro dello scrittore Stefano Zecchi “Dopo l’infinito cosa c’è, papà?”, che affronta il tema della paternità vista dagli occhi di un uomo che si avvicinerà a questo momento, così importante e rivoluzionario, all’età di 59 anni.

In fondo, il ruolo del padre negli ultimi decenni è cambiato radicalmente. Ormai la società vede come assolutamente centrale il ruolo della mamma, e relega a secondario quello del papà.

Lo scrittore, spiega, che per il figlio è disposto a rinunciare a qualunque impegno, accaparrandosi così l’appellativo, che lui stesso conia, di “mammo”. Nel primo capitolo del suo libro si legge: “Affettuoso nonostante tutto, desidera essere vicino al figlio e alla moglie (…). E finisce per fare il «mammo», cioè il collaboratore domestico della mamma.Per un po’ è felice,si trova ad affrontare funzioni nuove, compiti prima di allora sconosciuti: la madre è contenta, il figlio gli sorride, lui si commuove. Con il passare del tempo si accorge però che quel ruolo è umiliante, che l’ape regina lo costringe a fare il fuco. Il ruolo di mammo è una rinuncia alla sua virilità, a quella virilità che dovrebbe essere alla base della sua educazione del figlio. Ecco il povero papà-mammo immalinconirsi”.

Poi, spiega l’autore, esiste anche un’altro “tipo” di padre, quello che invece decide di “non mettersi in mezzo” e preferisce rimanere da parte: “il padre ha un alibi perfetto (fornitogli dalla moglie) per disinteressarsi della famiglia e dell’educazione del figlio. «Chi me lo fa fare?» pensa, e dice: «Vuol fare tutto lei! Perché devo mettermi a discutere, contrattare, litigare… Cresca lei i figli come vuole!». Chiude la porta e arrivederci, ovviamente con la disapprovazione della moglie che non gli risparmia critiche tutte le volte che lo vede, mentre proprio lei dovrebbe farsi un vero esame di coscienza che potrebbe rimettere a posto la relazione”.

Zucchi spiega ancora che esiste un luogo perfetto per riuscire ad individuare di che tipo di padre abbiamo a che fare, ed è il supermercato: “(…)È impossibile non identificarlo: lo vedete un po’ curvo spingere faticosamente il carrello della spesa come il condannato ai lavori forzati spinge la carriola piena di pietre che ha appena finito di spaccare con le sue nude mani. Davanti a lui la mogliemadre impettita, sicura di sé, incede con passo ardimentoso, afferrando dallo scaffale di destra il pacco di pannolini, da quello di sinistra la confezione di omogeneizzati. Li getta nel carrello senza neppure voltarsi per vedere dove vanno a finire, perché tanto sa che il marito è esattamente un passo dietro a lei. Il mammo procede spingendo il carrello pesante, con lo sguardo vago, assente. Voi credete che stia sognando spiagge caraibiche, palmeti, mari cristallini, ragazze in costume adamitico… No. Lui sta sognando l’ufficio. Quello è il suo regno! I colleghi, i dipendenti, il principale, discussioni, liti, decisioni, in cui la moglie non può ficcare il naso. Quello è il suo vero mondo, dove si sente realizzato, lo spazio dove ha un proprio ruolo: non la famiglia, in cui si sente un disperso e non sa cosa fare, in preda ai dubbi sulla propria identità”.

Eppure, spiega ancora l’autore, che la figura del padre è molto importante per la crescita sana ed equilibrata di un figlio, Le mamme dovrebbero mettersi un pochino da parte, a volte, e lasciar fare al papà.. il papà: “La madre, oggi, deve saper fare un passo indietro: sia lei a spingere il carrello della spesa e lasci (suggerisca, invogli) il marito a giocare con il figlio, perché gli trasmetta la sua maschilità e quella rappresentazione della vita che gli consentirà la formazione di un’identità precisa. Poi, nell’adolescenza, il figlio avrà tempo di mettere in discussione il quadro educativo, «la legge del padre», ma se, durante la propria esperienza di formazione, ha avuto a che fare solo con la figura materna o un suo simulacro, quello del mammo, non avrà né consapevolezza della propria identità, né punti di riferimento reali con cui confrontarsi”.

Claudia Montanari

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