Premorte, medico spiega cosa significa “tornare alla vita”
5 Aprile 2017 - di Mari
Dalla morte non si torna. Ma dalla premorte? Secondo un cardiologo forse sì. Il medico in questione è l’olandese Pim van Lommel che, intervistato da Claudio Gallo per La Stampa, ha raccontato come in alcuni casi si possa tornare da esperienze di quasi-morte, e il percorso a ritroso verso questo mondo cambia per sempre il viaggiatore.
Lommel studia da una vita i fenomeni di Nde (Near Death Experience), un tipo di esperienza che si può verificare soprattutto negli stati di coma temporaneo o di arresto cardiaco. Lommel ammette che la sua visione del mondo è un’ipotesi suggestiva ma non dimostrata scientificamente. Come spiega La Stampa,
La maggioranza dei neuroscienziati, che considera invece la coscienza come un prodotto del cervello, non giudica le sue spiegazioni scientifiche e spiega le esperienze Nde come una residua attività cerebrale non misurabile con l’elettroencefalogramma.
Eppure secondo il cardiologo le cose sono meno semplici di quanto la scienza porterebbe a pensare.
“Un’esperienza di premorte, ha spiegato il medico alla Stampa, può essere definita come il ricordo di una serie di impressioni vissute durante uno speciale stato di coscienza, fra le quali si trovano diversi elementi “universalmente presenti”, come un’esperienza fuori dal corpo, sensazioni piacevoli, la visione del tunnel, della luce, dei propri cari defunti, il passare in rivista la propria vita, e il ritorno cosciente nel corpo. Tra le circostanze di una NDE abbiamo l’arresto cardiaco (morte clinica), uno shock a seguito di emorragia, la conseguenza di un colpo apoplettico, un quasi affogamento (un caso più frequente nei bambini!) o asfissia, ma anche malattie gravi dove la minaccia di morte non è immediata, o addirittura durante episodi di depressione, isolamento o meditazione, e persino senza una ragione evidente.
In ogni caso, sostiene Lommel, la Nde è sempre una esperienza formativa, perché causa cambiamenti profondi nel modo di vedere la vita, eliminando la paura della morte e rafforzando la sensibilità intuitiva, quello che potremmo anche chiamare il sesto senso.
Nella metà dei casi chi ha avuto una Nde dice di essere stato consapevole di essere morto e riferisce emozioni positive. Uno su tre dice di aver vissuto l’esperienza del tunnel, osservato un paesaggio celestiale o incontrato persone decedute, e uno su quattro di aver avuto una esperienza fuori dal corpo.
Lommel precisa che
“il nostro studio ha evidenziato che non vi sono fattori psicologici, farmacologici o fisiologici capaci di causare queste esperienze durante un arresto cardiaco. Se una pura spiegazione fisiologica fosse valida, come la mancanza di ossigeno nel cervello, la maggior parte dei pazienti che avevano avuto una morte clinica avrebbero dovuto riferire una NDE, dal momento che tutti i pazienti coinvolti nel nostro studio avevano perso conoscenza proprio per mancanza di ossigeno nel cervello conseguente a un arresto cardiaco. Invece solo il 18% riferì di aver avuto una NDE, ed è tuttora un gran mistero perché mai solo il 18% abbia riferito di una NDE dopo un arresto cardiaco. Sembra corretto concludere che allo stato attuale delle nostre conoscenze non ci è permesso ridurre la coscienza ad attività e processi cerebrali: la lacuna in materia di spiegazioni fra il cervello e la coscienza non è mai stata superata perché un certo stato neuronale non è la stessa cosa di un certo stato di coscienza. La coscienza non è visibile, né tangibile, né percepibile, né misurabile, né verificabile, né falsificabile: non siamo in grado di oggettivare l’essenza soggettiva della nostra coscienza”.
Per quanto riguarda i riscontri oggettivi, Lommel spiega che
“nelle OBE (“Out of Body Experiences”, o esperienze extracorporeee) le persone riportano percezioni veridiche che avvengono da un punto al di fuori e al di sopra del loro corpo senza vita. Chi ha vissuto una NDE ha l’impressione di essersi liberato del corpo come di un vecchio cappotto, ed è sorpreso di avere ancora un’identità con la possibilità di provare percezioni, emozioni, ed una coscienza particolarmente lucida. Questa esperienza fuori dal corpo è particolarmente importante dal punto di vista scientifico perché i medici, gli infermieri e i parenti possono verificare le percezioni che vengono riportate, e anche confermare il momento preciso in cui è avvenuta la NDE con la OBE durante il periodo di rianimazione cardio polmonare”.
Il cardiologo riporta l’esempio di un’infermiera di un reparto di cardiologia intensiva, che ha descritto quanto ha visto durante un turno di notte:
“Durante il turno di notte l’ambulanza porta nel mio reparto un uomo di 44 anni, cianotico e in stato comatoso: lo avevano trovato in coma in un prato una mezz’ora prima. Stiamo per intubarlo quando ci accorgiamo che ha la dentiera. Gli togliamo la dentiera superiore e la mettiamo sul carrello di emergenza. Ci vuole un’altra ora e mezza perché il paziente ritrovi un ritmo cardiaco e una pressione sanguigna sufficienti, ma è ancora intubato e ventilato, e sempre in coma. Lo trasferiamo in terapia intensiva per continuare la necessaria respirazione artificiale. Il paziente esce dal coma una settimana dopo e me lo vedo tornare nel reparto cardiologia. Appena mi vede, dice: «Ah, questa è l’infermiera che sa dov’è finita la mia dentiera». Sono davvero molto sorpresa, ma il paziente spiega: «Lei era presente quando mi hanno portato in ospedale, mi ha tolto la dentiera dalla bocca e l’ha messa nel cassetto scorrevole sotto il ripiano del carrello, carico boccettini”.