Alzheimer, scoperta proteina che può fermare perdita di memoria

Alzheimer, scoperta proteina che può fermare perdita di memoria

22 Novembre 2016 - di Mari

LONDRA – Scoperta la proteina che può evitare la perdita di memoria provocata dal morbo di Alzheimer. I ricercatori dell’università del Nuovo Galles del Sud, guidati da Lars Ittner, hanno infatti identificato una proteina che viene progressivamente cancellata dall’avanzare della malattia e che, se reintrodotta, evita la perdita della memoria. Il risultato, descritto sulla rivista Science, apre la strada a nuove possibili terapie contro la malattia.

Studiando i tessuti del cervello umano, i ricercatori hanno individuato la proteina kinasi p38, che si perde man mano che l‘Alzheimer progredisce. I ricercatori l’hanno reintrodotta nel cervello dei topi, dimostrando che ha un effetto protettivo contro la perdita di memoria causata dalla malattia.

Due delle caratteristiche della malattia sono la presenza di placche di proteina beta-amiloide e grovigli di proteina tau nel cervello. Il loro accumulo porta alla morte cellulare, atrofia del cervello e perdita di memoria. C’è però uno stadio nel processo della formazione di questi grovigli che finora era stato male interpretato. Prima si pensava che la proteina beta-amiloide modificasse la proteina tau, con il processo di fosforilazione, che porta al suo accumulo in questi grovigli, conducendo poi alla morte cellulare e all’Alzheimer.

In questo nuovo studio i ricercatori suggeriscono invece che la fosforilazione della proteina tau all’inizio ha un effetto protettivo sui neuroni, e che la beta-amiloide aggredisce questa sua funzione protettiva fino ad annullarla. E’ lo stadio in cui i livelli di tossicità finiscono per distruggere i neuroni, causando i deficit cognitivi tipici della malattia.

Nello studio i ricercatori hanno identificato la proteina p38, che aiuta la fosforilazione protettiva e disturba la tossicità indotta dalla beta-amiloide. Man mano che la malattia avanza, la proteina si perde, anche se rimane in piccole quantità nel cervello. ”Noi l’abbiamo reintrodotta, sottolinea Ittner, e stimolata, osservando che previene i deficit di memoria. Ha un vero potenziale terapeutico”.

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