Cancro alla prostata e antidepressivi: un argine alle metastasi
16 Marzo 2017 - di Mari
I malati di cancro alla prostata in fase avanzata potrebbero avere benefici dai comuni antidepressivi. Uno studio pubblicato sulla rivista Cancer Cell rivela che questi farmaci riescono a bloccare un enzima che aiuta le cellule tumorali della prostata a diffondersi nelle ossa.
Dopo il tumore della pelle, quello alla prostata è il più comune tra gli uomini e la terza causa di morte per cancro. Quando le cellule tumorali della prostata diffondono ad altre parti del corpo attraverso le metastasi, l’osso è la prima area normalmente colpita e circa il 90 per cento dei decessi per questa neoplasia comporta metastasi ossee.
Nel nuovo studio, i ricercatori della Washington State University-Spokane hanno individuato un enzima chiamato MAOA che, attraverso una serie di segnali, aiuta il processo attraverso il quale le cellule tumorali della prostata si diffondono alle ossa. Stimola infatti tre proteine ad aumentare la funzione degli osteoclasti, ovvero cellule che svolgono un ruolo nella degradazione del tessuto osseo e particolarmente attive nel caso di metastasi.
Quando i ricercatori hanno ridotto l’espressione di MAOA nelle cellule tumorali della prostata, hanno notato, nei topi, una riduzione della capacità delle cellule di diffondersi alle ossa. Mentre laddove c’è una iper espressione di questo enzima è stato riscontrato un aumento delle metastasi ossee.
Successivamente, i ricercatori hanno testato un farmaco chiamato clorgyline, un tempo usato come antidepressivo e noto per bloccare l’attività di MAOA, su linee di cellule di cancro alla prostata. Hanno scoperto che il farmaco ha impedito all’enzima di attivare le tre proteine che aumentano la funzione degli osteoclasti, riducendo in tal modo la capacità delle cellule tumorali di invadere le ossa.
“I nostri risultati – ha sottolineato uno degli autori dello studio, il professor Jason Wu – forniscono risultati promettenti nei topi, e meritano ulteriori indagini su formulazione, dosaggio e via di somministrazione per poter essere applicati clinicamente”.