Solo un 40% degli italiani fa lo screening per la prevenzione del cancro al colon retto, il secondo più frequente dopo quello al seno. Un atteggiamento scorretto considerando che tale esame è fondamentale perché ha dimostrato di ridurre la mortalità per questa neoplasia fino al 20%.
Uno nuovo studio condotto da un team dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss), coordinato dalla dottoressa Ann Zeuner del Dipartimento di Oncologia e Medicina Molecolare, ha scoperto delle ‘cellule dormienti’ ultraresistenti alle terapie nel cancro al colon. La ricerca, pubblicata sul Journal of Experimental and Clinical Cancer Research e resa possibile grazie al sostegno di Fondazione AIRC, rappresenta un contributo fondamentale per comprendere i meccanismi di resistenza alle terapie antitumorali.
Lo studio descrive la scoperta nei tumori del colon di una piccola popolazione di cellule in stato di “dormienza” o “quiescenza”. Diversamente dalla maggioranza delle cellule tumorali, le cellule quiescenti non si moltiplicano attivamente ma sono caratterizzate da un maggiore potenziale cancerogeno (o staminalità tumorale) e da una aumentata resistenza alle terapie. Questa scoperta, rileva l’Iss, “aggiunge un importante tassello alle conoscenze sulla chemio-resistenza e sulle cellule staminali tumorali, che sono un bersaglio cruciale nella lotta ai tumori“.
“Le cellule tumorali quiescenti si possono paragonare ai semi delle piante, in quanto possono rimanere inattive a lungo e resistere a condizioni ambientali avverse per poi risvegliarsi e rigenerare un tumore a distanza di molti anni – spiega Zeuner -. Per questo è molto importante studiarle e capire i loro punti deboli, in modo da eliminarle mentre si trovano nello stato dormiente o almeno impedire loro di risvegliarsi”.
Identificare le cellule dormienti e i loro meccanismi di sopravvivenza, affermano i ricercatori, è un passo importante per sviluppare terapie più efficaci per il tumore del colon-retto, che colpisce circa cinquantamila italiani ogni anno e rappresenta uno dei big killer insieme ai tumori del polmone e della mammella.
“Questo studio – sottolinea il Presidente dell’Iss, Silvio Brusaferro – mostra come la tutela e la promozione della salute per un Istituto come il nostro debba necessariamente passare anche attraverso l’inscindibile legame tra la ricerca e i programmi di sanità pubblica”. L’Istituto Superiore di Sanità lavora da oltre dieci anni sulle cellule staminali tumorali. Allo studio hanno contribuito le ricercatrici Federica Francescangeli, Maria Laura De Angelis e Marta Baiocchi, ed i collaboratori professori Vito D’Andrea e Filippo La Torre (Università La Sapienza) e Ruggero De Maria (Università Cattolica del Sacro Cuore).
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