Colesterolo e diabete, dieta ricca di proteine animali ne aumenta il rischio

Diabete, i tipi di alimenti da evitare per ridurre il rischio

21 Febbraio 2020 - di Claudia Montanari

ROMA – Il diabete di tipo 2 è una malattia cronica che può essere prevenuta seguendo una alimentazione sana e uno stile di vita attivo. Alcuni cibi, in particolare, andrebbero evitati per ridurre in rischio di sviluppare il diabete. Nello specifico, il cibo ultra-processato (cibo industriale a lunga scadenza come snack, caramelle, dolci confezionati, bibite, succhi di frutta etc), ricco di additivi e conservanti, aumenta il rischio di diabete: il rischio sale del 15% per ogni incremento del 10% del consumo giornaliero di alimenti ultra processati. Al contrario il consumo di alimenti non industriali o solo poco processati si associa ad una riduzione del rischio di diabete di circa il 10%.

Lo rivela uno studio francese pubblicato sulla rivista JAMA Internal Medicine e condotto da Bernard Srour, del Centro di Ricerca di Epidemiologia e Statistica dell’Università di Parigi. Lo studio ha coinvolto 104.707 partecipanti dai 18 anni in su ed età media 42 anni. Il campione ha compilato dei questionari alimentari contenenti più di 3500 voci di cibi ed è stato suddiviso in gruppi a seconda del consumo di cibi ultra-processati: è emerso che il tasso annuo di diabete (i nuovi casi ogni anno) era di 113 per 100.000 persone nel gruppo a basso consumo di questi cibi spazzatura, contro un tasso di 166 per 100.000 per gli individui con maggior consumo di questi cibi nocivi, già associati in precedenti studi a maggior rischio di morte per tutte le cause.

Il rischio di diabete aumenta del 5% per ogni aumento di 100 grammi al giorno di cibo ultra-processato, hanno stimato gli epidemiologi d’oltralpe. Inoltre, un incremento del 10% del consumo giornaliero di alimenti ultra processati aumenta del 15% il rischio di ammalarsi di diabete.

“Questo studio mostra come i cibi ultra processati, tra cui le bibite, i prodotti ricchi in zuccheri, i sughi preconfezionati che sono ricchi in grassi, si associano ad un maggior rischio di diabete – sostiene in un commento all’ANSA Rosalba Giacco della Società Italiana di Diabetologia e ricercatrice l’Istituto di Scienza dell’Alimentazione del CNR di Avellino. Tali dati confermano i risultati di altri studi epidemiologici che hanno valutato la relazione tra abitudini alimentari e rischio di diabete su gruppi di popolazioni di diversi paesi europei e americani. Un altro dato interessante emerso in questo lavoro – continua l’esperta che è anche coordinatrice del Gruppo di Studio intersocietario SID-ADI-AMD ‘Diabete e Nutrizione’ – è che il consumo di alimenti ultra processati è più alto tra i giovani, nelle persone obese, in quelle meno attive fisicamente e nei fumatori, cioè proprio tra persone con stili di vita poco salutari e alimentazione scorretta nel complesso, caratterizzata da elevato consumo di grassi animali, zuccheri, sale, carne rossa e carne processata e da un basso consumo di cereali integrali, yogurt, semi oleosi, frutta e verdura”.

“Lo studio mette in evidenza un’altra importante problematica – continua Giacco – il potenziale effetto nocivo di sostanze non nutritive contenute nei cibi ultra processati quali gli additivi utilizzati per conservare più a lungo i prodotti o sostanze come i dolcificanti non calorici utilizzati in sostituzione del zucchero nelle bibite o di molecole rilasciate dai contenitori di cibi e bevande. Sono ancora pochissimi gli studi che hanno valutato i rischi dovuti al consumo abituale di queste sostanze sulla salute umana; pertanto, in assenza di evidenze scientifiche è importante limitare il consumo di cibi ultra processati”, conclude Giacco. 
   

Non tutte le merendine sono uguali: è importante specificare che i prodotti monodose da forno presenti sugli scaffali della GDO del Regno Unito e degli Stati Uniti in molti casi hanno davvero poco a che vedere con quelli italiani.
A partire dalla porzione, che dovrebbe dare, invece, il nome al prodotto. Se la merendina italiana, come dice la parola stessa, è una piccola merenda dal peso medio di 34 g non si può dire altrettanto delle sue lontane parenti d’oltremanica e a stelle e strisce, che pesano rispettivamente quasi il doppio (66 g) e più del doppio (81 g). È quanto emerge dai risultati del primo studio comparativo commissionato dall’AIDEPI (Associazione Industriali Del Dolce e della Pasta Italiani) alla Fondazione Italiana per l’Educazione Alimentare (FOODEDU) che ha analizzato lo scenario della merenda confezionata di Usa, Inghilterra e Italia, confrontando le caratteristiche nutrizionali di 10 merendine tra le più significative del mercato della GDO vendute in questi 3 Paesi. La ricerca è stata presentata a Milano alcune settimane fa.

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