Chi soffre di diabete spesso si chiede se e quanta frutta possa mangiare. La frutta è senza dubbio uno degli alimenti chiave della dieta mediterranea e non andrebbe mai eliminata dalla propria alimentazione.
Tuttavia, chi ha il diabete dovrebbe fare attenzione soprattutto alle quantità, in quanto la frutta è naturalmente ricca di zuccheri.
Come destreggiarsi allora?
A fornire interessanti chiarimenti sulla questione è il professor Enzo Bonora, ordinario di endocrinologia dell’Università di Verona e direttore del reparto di endocrinologia, diabetologia e malattie del metabolismo dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona. Sulla sua pagina Facebook, il professore spiega se e quanta frutta può essere assunta da chi soffre di diabete.
Innanzitutto, il professore spiega nel video:
“La frutta è uno degli alimenti cardine della dieta mediterranea, quasi come la verdura. Dico quasi come la verdura, perché mentre per la verdura non ci sono limiti alle quantità che possono essere introdotte nella giornata, per la frutta determinati limiti ci sono”.
Il professore consiglia circa due o tre porzioni di frutta al giorno, ragionando però proprio sulla quantità della porzione:
“Una mela, una pesca, un’arancia, una coppetta di fragole, una manciata di ciliegie, rappresentano una porzione. Così come una fretta di anguria o un paio di fettine di melone.
Tre mele nello stesso pasto non sono una porzione. Due o tre arance, non sono una porzione, e così via”.
Il professore sottolinea che la quantità della frutta ingerita da chi ha il diabete (ma grosso modo per tutta la popolazione) è molto importante. Perché?
“Non tanto per la quantità di calorie, quanto perché nella frutta c’è uno zucchero semplice, il fruttosio.
Il fruttosio è uno dei due componenti insieme al glucosio del saccarosio, lo zucchero da cucina.
Mentre sullo zucchero da cucina sappiamo bene che se ne deve introdurre pochissimo, il concetto secondo cui bisogna stare attenti alla quantità di frutta è meno percepito”.
Eppure, il professore spiega:
“C’è una ricchissima letteratura sui possibili effetti avversi del fruttosio. Per esempio, il fruttosio fa aumentare l’acido urico, che può generare gotta, calcoli renali da acidi urici e fattori di rischio per malattie cardiovascolari”.
“Non solo -spiega il professore- tanto fruttosio aumenta la sintesi dei trigliceridi nel fegato. I trigliceridi vengono impacchettati in lipoproteine VLDL da cui hanno origine le LDL, particolarmente ricche di colesterolo. Una dieta ricca di fruttosio, quindi, è una dieta che può causare aterosclerosi e malattie cardiovascolari”.
Il professore spiega:
“Le quantità di frutta vanno contenute a due tre porzioni al giorno, intendendosi con porzione, una quantità ragionevole.
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2-3 mele al giorno vanno bene, 8 o 10 no”.
Come spiega il professore, il fruttosio contribuisce in una certa misura a quello che è il rialzo della glicemia dopo il pasto.
“Se mangi la frutta alla fine di un pasto in cui per esempio hai assunto molta verdura, l’impatto di quel frutto sul rialzo della glicemia sarà limitato.
Al contrario, se introduci il frutto a digiuno senza altri alimenti, l’impatto sarà maggiore. Certo, non sarà lo stesso impatto che produce l’assunzione di una bibita zuccherata, ma dovrai comunque fare attenzione”.
A questa domanda, il professore risponde ragionando sul contenuto di carboidrati in diversi frutti.
“Un po di più di carboidrati, per 100 gr di alimento crudo, ne troviamo nell’uva, banane, mandarini. In questi frutti troveremo circa 15 gr di zucchero”. (per fare un paragone, nelle mele ce ne sono dai 5 ai 10 gr in base al tipo di mela).
Tuttavia, il professore introduce un concetto importante:
“Va ricordato che il rialzo glicemico dipende da tutta la composizione di quell’alimento. Ovvero, di quanto di quello zucchero presente nell’alimento viene reso rapidamente disponibile all’assorbimento dal tubo digerente”.
“L’indice glicemico maggiore ce l’hanno alcuni frutti che sono particolarmente ricchi di liquido, quindi di uno zucchero che poi viene reso rapidamente disponibile per l’assorbimento.
Ecco allora che l’indice glicemico maggiore lo avranno frutti come l’anguria o il melone, ricchi di acqua.
“Quali sono frutti con più basso indice glicemico, a parità di carboidrati contenuti?
Le ciliegie, fragole, albicocche”.
In rete, spiega il professore, è possibile trovare tabelle con tutti gli indici glicemici della frutta.
Tuttavia, il professore specifica:
“Ricordate che l’indice glicmeico è una sorta di valore medio che si può osservare, ma ci sono differenze sostanziali a seconda del fatto che l’alimento venga introdotto all’interno di un pasto o lontano.
Inoltre, l’indice glicemico ha una sorta di variabilità individuale, legata al modo in cui una persona digerisce e assorbe il carboidrato.
Per questo motivo io consiglio sempre di fare le prove, misurate la glicemia prima e dopo per capire se quell’alimento per voi va bene o meno bene”.
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