Salute

Diabete: “pancreas artificiale” funziona per un buon controllo della glicemia

Un dispositivo per la somministrazione di insulina di nuova generazione, che gestisce in autonomia la somministrazione dell’ormone alle persone con diabete dosandola sulla base dei livelli di glicemia, consente di avere un migliore controllo del diabete rispetto ai metodi convenzionali. È il risultato di uno studio coordinato dal Massachusetts General Hospital di Boston e pubblicato sul New England Journal of Medicine.

Quello dei microinfusori automatizzati di insulina, i cosiddetti “sistemi ibridi ad ansa chiusa” comunemente chiamati ‘pancreas artificiali’, è un settore in rapida evoluzione. Quelli disponibili in commercio necessitano di un importante e frequente contributo del medico e del malato nella regolazione delle impostazioni, spiegano i ricercatori. Il nuovo dispositivo analizzato nello studio, invece, richiede soltanto l’inserimento del peso del paziente al momento della sua applicazione iniziale e una generica indicazione sulla quantità di cibo consumato ai pasti (‘come al solito’, ‘più del solito’, ‘meno del solito’). Il resto è lasciato all’algoritmo che gestisce il dispositivo.

Diabete, un “pancreas artificiale” funziona nel controllo della glicemia

I test effettuati su 219 pazienti tra i 6 e i 79 anni in 16 centri americani hanno mostrato l’efficacia del dispositivo. I pazienti, seguiti per 13 settimane, avevano infatti un miglioramento dei valori di emoglobina glicata, un indicatore di un buon controllo della glicemia, passati dal 7,9% al 7,3%.

Aumentava, inoltre, di oltre 2 ore al giorno il tempo trascorso con livelli di glicemia nella norma (circa il 65% della giornata). Il nuovo sistema presentava, invece, tassi di ipoglicemie leggermente più alti, ma non tali da destare preoccupazione.

“La nostra osservazione è che questo sistema può migliorare in tutta sicurezza il controllo del glucosio. E lo fa nonostante richieda molti meno input da parte degli utenti e dei loro operatori sanitari”, ha affermato il coordinatore dello studio Steven Russell. Ciò, ha aggiunto, “ha importanti implicazioni per i bambini e gli adulti che convivono con il diabete”.

La ricerca è stata finanziata dai National Institutes of Health americani.

Claudia Montanari

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