Dieta giapponese batte quella mediterranea
La dieta giapponese batte quella mediterranea quanto ad aspettativa di vita (79 anni per la seconda e 85 per la prima). Tra gli altri effetti positivi del regime alimentare del Sol Levante c’è la riduzione di malattie cardiovascolari, del diabete e del cancro. E’ quanto emerso dall’incontro “Dieta giapponese e prevenzione oncologica” organizzato a Roma.
Bisogna sottolineare che entrambi i regimi alimentari hanno tassi di riduzione di rischio di determinate malattie: per l’ictus è del 25% per la dieta mediterranea e del 22% per quella giapponese; per i tumori è del 35% per la mediterranea e del 27% per la giapponese, per il Morbo di Parkinson è del 46% per la mediterranea e del 50% per quella giapponese.
“È ormai assodato che esista un rapporto bidirezionale tra i nostri geni e i nutrienti che assumiamo con la dieta”, ha spiegato Marco Silano, responsabile dell’Unità operativa Alimentazione, nutrizione e salute dell’Istituto Superiore di Sanità, “il patrimonio genetico determina la risposta di ciascun individuo ai nutrienti. Parallelamente, gli stessi nutrienti modificano l’espressione dei geni, silenziando alcuni e attivandone altri”.
La dieta giapponese ha effetti positivi sulla riduzione dell rischio di tumore prostatico. “Dal punto di vista clinico, l’alimentazione giapponese risulta efficace nella prevenzione secondo una duplice prospettiva”, ha spiegato Andrea Tubaro, direttore dell’Unità operativa complessa di Urologia, dell’Ospedale Sant’Andrea di Roma.
“Anzitutto, la dieta giapponese è ricca di cibi come tofu, edamame, germogli di soia, caratterizzati da estrogeni deboli – ha aggiunto – cioè sostanze di derivazione naturale con una debole attività estrogenica. L’assunzione fin dall’infanzia di cibi con estrogeni deboli genera un’azione protettiva sul tumore della prostata. In secondo luogo, è molto povera di grassi saturi, che sono dannosi per l’organismo poiché innalzano i livelli del colesterolo, la cui alterazione può generare complicanze di tipo cardiovascolare”.
Secondo i dati presentati nel corso dell’incontro, il tumore alla prostata ha un’incidenza maggiore nei Paesi occidentali (ad esempio, è del 40% negli Stati Uniti), mentre in Giappone, i numeri si attestano su un’incidenza del 10%.
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