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Difese immunitarie, come influisce l’aria condizionata?
Sappiamo che alcuni virus respiratori come l’influenza o il raffreddore preferiscono ambienti freddi e umidi. Al contrario, il caldo e il clima secco dell’ambiente ne alterano la struttura e ne rendono difficile la sopravvivenza. D’altra parte, le basse temperature hanno un impatto sul nostro sistema immunitario. Dopo diversi giorni di esposizione al freddo si osserva una maggiore produzione di citochine proinfiammatorie, piccole proteine che facilitano la comunicazione intercellulare e attivano la risposta infiammatoria. Inoltre, l’aria fredda diminuisce la mobilità delle ciglia respiratorie, che sono strutture sotto forma di piccoli peli presenti in gran parte delle nostre vie respiratorie. Sono responsabili di trascinare continuamente muco insieme a polvere e agenti patogeni verso il naso, espellendoli fuori dal corpo o nel nostro apparato digerente. Questo può renderci più suscettibili alle infezioni.
L’aria condizionata agirebbe in modo simile, forse peggio, a causa degli sbalzi di temperatura che si generano. Per questo motivo spesso gli esperti ci consigliano di evitare di mettere l’aria condizionata alla massima potenza, in modo che la differenza tra l’interno e l’esterno non sia troppo drastica.
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La mancanza di sonno ci rende più vulnerabili ai virus
Se le notti estive sono molto calde, possono ostacolare la qualità del sonno. Delle difese immunitarie ottimali richiedono un sonno adeguato. Le persone che non hanno un sonno di qualità o non dormono abbastanza hanno maggiori probabilità di ammalarsi dopo essere state esposte a un virus, come il comune raffreddore. Non si sa esattamente perché la privazione del sonno influisca sulla funzione immunitaria. Si ritiene che alcuni meccanismi fisiologici e biochimici causino cambiamenti nella produzione di citochine (molecole di segnalazione immunitaria) e ormoni del ritmo circadiano (cambiamenti fisici, mentali e comportamentali che l’organismo subisce nelle 24 ore).
Sia le citochine che gli ormoni (cortisolo, ormone della crescita, ecc.) influenzano l’interazione tra le cellule presentanti l’antigene e le cellule T helper, un processo necessario per la formazione della memoria immunitaria.
Lo stress da caldo indebolisce le difese immunitarie
Studi scientifici su modelli animali hanno dimostrato che lo stress dovuto al caldo può influenzare la capacità del sistema immunitario di combattere le infezioni e generare una risposta efficace alla vaccinazione. Lo stress da calore si verifica quando il corpo non è in grado di eliminare il calore in eccesso, aumentando la temperatura corporea e la frequenza cardiaca. Può verificarsi dopo un’esposizione prolungata a calore intenso, come durante un’ondata di caldo.
Sebbene al momento siano disponibili solo dati sugli animali, nel caso in cui il nostro sistema immunitario reagisca allo stesso modo, andrebbe evitata l’esposizione a temperature elevate per lunghi periodi di tempo, soprattutto dopo la vaccinazione.
La vitamina D influenza la funzione immunitaria
Sebbene la funzione principale della vitamina D sia quella di regolare la quantità di calcio e fosforo, è importante anche per la funzione immunitaria. Bassi livelli di vitamina D possono aumentare il rischio di infezione di malattie respiratorie (incluso COVID-19) e autoimmuni. Il nostro corpo produce vitamina D quando esponiamo la nostra pelle alla luce solare. Ma a causa dello stile di vita moderno, la carenza di vitamina D è molto comune anche in paesi soleggiati come l’Italia.