Endometriosi: 8 anni per avere una diagnosi, 8 anni l'età delle bambine che raccontano le storie vere
Anche l’alimentazione può interferire sia con il dolore cronico sia con l’efficacia dei farmaci per ridurlo. Tra gli argomenti trattati nel corso del Congresso FederDolore SICD (Società Italiana Clinici del Dolore) in corso a Bologna c’è quello delle relazioni tra dolore cronico, stili di vita e alimentazione e di uno studio italiano in corso. Cerchiamo di capirne di più.
È una molecola che noi produciamo dopo un digiuno prolungato o quando effettuiamo attività fisica e che ci fornisce energia: si chiama beta-idrossi-butirrato e sembra ridurre il dolore cronico.
“Il dolore cronico, in particolare il neuropatico, altro non è che un malfunzionamento dell’attività metabolica delle cellule del sistema nervoso centrale. Mangiare in modo non corretto – spiega Livio LUONGO, Farmacologo dell’Università della Campania L.Vanvitelli, nel corso della sua relazione al Congresso Federdolore-SICD- può peggiorare il dolore patologico. Stiamo lavorando per personalizzare la terapia dei pazienti in relazione alle abitudini alimentari e allo stile di vita che potenzialmente possono condizionare l’efficacia dei farmaci”.
Il dolore cronico patologico comporta un malfunzionamento metabolico delle cellule del sistema nervoso centrale che iniziano ad alterare il loro consumo energetico. Fino a qualche anno fa la corretta alimentazione era considerata dai medici esclusivamente per le patologie cardiovascolari e metaboliche (come ad esempio il diabete e obesità).
“Oggi sappiamo che la corretta alimentazione genera enormi benefici anche in ambito neurologico e alcuni regimi dietetici sono utilizzati come delle vere e proprie terapie. È noto infatti che alcune forme di epilessia farmaco-resistenti vengano trattate con una dieta chetogenica. Recenti studi condotti su modelli sperimentali – conclude LUONGO – dimostrano come specifici regimi dietetici che favoriscono la produzione di uno specifico chetone (il beta-idrossi-butirrato), siano in grado di ridurre uno dei sintomi che maggiormente limitano la qualità di vita del paziente affetto da dolore neuropatico”.
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