Fagioli occhio nero alleati della dieta: tutti i benefici
21 Gennaio 2020 - di Silvia_Di_Pasquale
I fagioli occhio nero, meglio noti in inglese come black-eyed peas, sono dei legumi caratterizzati da una macchiolina nera, rossa o marrone da cui deriva il loro nome. Hanno un sapore forte e sapido e sono spesso considerati un alimento base nella cucina indiana. Sono una buona fonte di micronutrienti importanti, tra cui acido folico, rame, tiamina e ferro. In altre parole: degli alleati della salute.
Come si legge sul sito HealthLine, una tazza (170 grammi) di fagioli occhio nero cotti contiene: calorie: 194, proteine: 13 grammi del valore giornaliero consigliato, grassi: 0,9 grammi, carboidrati: 35 grammi, fibra: 11 grammi, folato: 88%, rame: 50%, tiamina: 28%, ferro: il 23%, fosforo: 21%, magnesio: 21%, zinco: 20%, potassio: 10%, vtamina B6: 10%, selenio: 8%. Ecco una serie di benefici che questi fagioli possono apportare.
Il primo beneficio, il più caro per chi vuole perdere peso, è che supportano il dimagrimento per il loro contenuto di proteine e fibre solubili. Secondo uno studio condotto su 1.475 persone, coloro che mangiavano regolarmente fagioli presentavano un rischio inferiore del 23% di aumento del grasso addominale e un rischio inferiore del 22% di obesità, rispetto ai non consumatori.
Migliora la salute del cuore, poiché possono aiutare a ridurre diversi fattori di rischio per le malattie cardiache. L’assunzione regolare di legumi è collegata a livelli più bassi di colesterolo cattivo. Tra le proprietà dei legumi c’è anche quella di essere una sorta di ‘scudo’ anti-diabete 2. Riducono infatti il rischio che la malattia si sviluppi.
I legumi sono alleati delle donne, soprattutto di quelle che si affacciano ad affrontare la menopausa. Una dieta ricca di pesce e legumi contribuisce a spostare le lancette dell’orologio femminile, aiutando a posticipare la menopausa. Invece un’alimentazione troppo ricca di pasta e riso, e più in generale di carboidrati raffinat, potrebbe contribuire ad anticipare il momento della menopausa. A sostenerlo è stato un ampio lavoro pubblicato sul Journal of Epidemiology & Community Health.