Fame golosa? Voglia di dolci? Per fermarla ci vuole un ormone
5 Febbraio 2016 - di Mari
ROMA – Fame golosa, voglia di dolci sempre in agguato? Per fermarla ci vuole un ormone. Si chiama FGF21 (abbreviazione di fibroblast growth factor 21), viene prodotto dal fegato ed è uno di quegli ormoni che controllano l’appetito, come la grelina e la leptina. A differenza di questi ultimi, però, l’FGF21 agisce controllando solo ed esclusivamente l’assunzione degli zuccheri. Compresi quelli degli alcolici.
A spiegare come funziona, e perché potrebbe essere utile nel combattere non solo l’obesità ma anche le malattie ad essa legate come diabete di tipo 2, è Anna Lisa Bonfranceschi su la Repubblica.
“A puntare gli occhi sull’FGF21 sono oggi due studi apparsi sulle pagine della rivista Cell Metabolism. (…)
Il primo studio ha osservato che, nei topi, la produzione di questo ormone da parte del fegato avviene dopo l’assunzione di cibi zuccherini. Una volta rilasciato in circolo, FGF21 poi raggiunge il cervello e qui, agendo sull’ipotalamo – una regione che controlla l’assunzione di cibo – inibisce la fame golosa. Di fatto funziona come un segnale di stop, come un sistema che autoregola l’assunzione di cibi dolci”.
I ricercatori hanno anche osservato come cambiava il comportamento dei topi geneticamente modificati per produrre meno FGF21. Rispetto a quelli normali, questi avevano una preferenza per le sostanze addolcite. Somministrando invece dosi extra dell’ormone, i topi evitavano le sostanze dolci.
C’è poi un secondo studio che ha invece studiato gli effetti dell’ormone nelle scimmie e, di nuovo, in alcuni topi. Spiega Bonfranceschi su la Repubblica:
“I ricercatori hanno notato che somministrando ai primati l’ormone le scimmie diventavano meno golose. Ma anche che, somministrando l’ormone ai roditori, i topi diventano meno propensi ad assumere alcol, continuano i ricercatori. Entrambi gli studi quindi suggeriscono che FGF21 contribuisca a regolare la fame golosa, controllando l’assunzione degli zuccheri. E non è escluso, precisano gli autori, che possano esistere sostanze simili che regolano l’appetito per altri nutrienti, come le proteine per esempio, ma che devono essere ancora scoperte”.