Salute

Infarto e ictus, rischio ridotto del 30% con la pillola “tre in una”

Una polipillola composta da tre farmaci, un antipertensivo, una statina e l’aspirina, che riduce del 30% il rischio di infarto e ictus in chi ha già avuto un attacco cardiaco. Sono questi i risultati del più ampio e lungo studio internazionale su questo nuovo approccio, condotto in 113 centri di 7 Paesi, tra cui l’Italia, su oltre 2500 persone seguite per tre anni, che erano andate incontro ad un infarto miocardico nei sei mesi precedenti.

Lo studio appena pubblicato sul New England Journal of Medicine, è stato presentato nel corso della prima giornata di ESC Congress 2022, il meeting annuale della Società europea di cardiologia, in programma dal 26 al 29 agosto a Barcellona.

Una polipillola riduce del 30% il rischio infarto e ictus

La ricerca evidenzia che il 9,5% delle persone che hanno assunto la polipillola è andato incontro a mortalità cardiovascolare, a un secondo infarto, un ictus o è stato sottoposto a un’angioplastica o altri interventi al cuore, in confronto al 12,7% del gruppo sottoposto al trattamento standard.

Ciro Indolfi, presidente della Società Italiana di cardiologia (SIC), spiega: “La polipillola, contenente aspirina, un ACE inibitore e una statina è risultata più efficace dei trattamenti standard nel ridurre il rischio cardiovascolare in pazienti con precedente infarto miocardico. Senza però incidere per la mortalità per tutte le cause”.

La polipillola è comoda da usare per i pazienti in quanto combina diversi farmaci in una sola pasticca che viene assunta una sola volta al giorno, semplificando così la terapia e migliorando l’aderenza, meccanismo responsabile dei benefici di questa strategia terapeutica”.

“I risultati di questo studio suggeriscono che la polipillola potrebbe diventare parte integrante delle strategie di prevenzione degli eventi cardiovascolari nei pazienti post-infartuati ma – avverte l’esperto – non si tratta di una combinazione ‘magica’”.

La polipillola contenente tre farmaci in dosi fisse infatti, conclude l’esperto, “non consente, però, l’ottimizzazione della terapia e potrebbe esserci il rischio di sotto dosaggio, a causa dell’impossibilità di regolare i singoli componenti della polipillola sulla base delle esigenze di ciascun paziente”.

Claudia Montanari

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