Salute

Insufficienza cardiaca: un farmaco ne riduce il peggioramento

L’insufficienza cardiaca è una malattia cronica che peggiora nel tempo. Colpisce circa 64 milioni di persone in tutto il mondo ed è associata a importanti effetti in termini di malattie associate e mortalità. Dapagliflozin, farmaco appartenente alla classe degli inibitori selettivi del co-trasportatore renale di sodio e glucosio (SGLT2), riduce significativamente il rischio di morte cardiovascolare o peggioramento dell’insufficienza cardiaca nei pazienti con insufficienza cardiaca con frazione di eiezione (LVEF) lievemente ridotta o preservata, rispetto al placebo.

Lo rilevano i risultati dello studio di Fase III Deliver, che con 6.263 pazienti arruolati è ad oggi il più grande studio condotto su pazienti con scompenso cardiaco con LVEF superiore al 40%, presentati al Congresso 2022 della European Society of Cardiology (ESC) a Barcellona, Spagna, e pubblicati sul The New England Journal of Medicine.

Insufficienza cardiaca, lo studio nel dettaglio

I risultati estendono i benefici di dapagliflozin all’intero spettro di pazienti con insufficienza cardiaca indipendentemente dal valore della frazione di eiezione ventricolare sinistra.

“I risultati dello studio Deliver- sottolinea Michele Senni, professore di Cardiologia presso l’Università Milano Bicocca – rappresentano un importante passo avanti nel trattamento dei pazienti affetti da insufficienza cardiaca a frazione di eiezione lievemente ridotta o preservata. Tali condizioni, presenti in oltre la metà dei pazienti con insufficienza cardiaca, sono attualmente caratterizzate da un importante bisogno clinico insoddisfatto, principalmente legato alla scarsità di trattamenti farmacologici ad oggi disponibili”.

“In tale ottica, i risultati così consistenti dello studio Deliver sono importanti sia perché dimostrano con chiarezza l’efficacia di dapagliflozin, sia perché rafforzano le più recenti linee guida internazionali, che supportano un più ampio utilizzo degli inibitori di SGLT2 nella pratica clinica.”

“Non bisogna infatti dimenticare – conclude Senni – che, oltre ai benefici per il trattamento dell’insufficienza cardiaca, la classe degli SGLT2 ha già mostrato evidenti effetti protettivi per ciò che concerne due patologie croniche spesso ad essa correlate, quali la malattia renale e il diabete mellito di tipo 2”.

Claudia Montanari

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