La dieta mediterranea potrebbe ridurre il rischio di demenza di un quarto
20 Settembre 2023 - di Silvia_Di_Pasquale
La dieta mediterranea potrebbe ridurre il rischio di demenza di un quarto. E’ quanto evidenzia uno studio condotto dall’Università di Newcastle e pubblicato sulla rivista BMC Medicine. Molta verdura, frutta, pane, cereali, pasta e carni magre, sono questi alcuni degli alimenti che caratterizzano questo regime alimentare. Elisir di salute, emblema della nostra cultura, eppure la dieta mediterranea è stata proclamata patrimonio dell’Unesco ma viene seguita solo dal 13% degli italiani. Ricordiamo che migliorare la dieta può ridurre anche il rischio di malattie oncologiche.
Come è stato svolto lo studio
I ricercatori hanno esaminato quasi 60.300 persone di età superiore ai 40 anni nel Regno Unito a cui è stato chiesto quali cibi mangiassero in un giorno. Coloro che mangiavano più alimenti tipici della dieta mediterranea avevano il 23% di probabilità in meno di sviluppare demenza rispetto a coloro che ne mangiavano meno.
La dott.ssa Claire McEvoy, coautrice dello studio della Queen’s University di Belfast, ha affermato: “La maggior parte delle persone non sa che mantenere un’alimentazione sana la dieta e lo stile di vita possono proteggere la memoria e le capacità di pensiero durante l’invecchiamento. Questo importante studio dimostra che mangiare più verdura, frutta, pesce e olio d’oliva e meno alimenti trasformati, cibi zuccherati e carne rossa potrebbe aiutare a ridurre il rischio di futura demenza nella nostra popolazione del Regno Unito”.
La dieta mediterranea contro le malattie neurodegenerative
Che la dieta mediterranea possa avere un effetto preventivo per le malattie neurodegenerative, non è una novità. Ad accendere i riflettori sul collegamento esistente tra il cervello e l’apparto gastro-intestinale era stata già Annalisa Noce, professoressa di Nefrologia presso l’Università Tor Vergata di Roma. “(…) la comunità scientifica si sta concentrando sempre di più sullo studio dei meccanismi alla base delle risposte infiammatorie croniche, coinvolte nell’insorgenza delle patologie neurologiche, tra cui la malattia di Alzheimer e la malattia di Parkinson”, aveva spiegato la docente.