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Morbo di Parkinson, come riconoscerlo e rallentarlo

ROMA – Il morbo di Parkinson colpisce oltre cinque milioni di persone al mondo, di cui 220mila solo in Italia. Di questa malattia si sa che è la seconda patologia neurodegenerativa più diffusa dopo l’Alzheimer e che inizia a manifestarsi intorno ai 60 anni. Riguardo a molti altri aspetti, però, c’è ancora grande confusione. Ecco allora che un aiuto del Secolo XIX permette di fare un po’ di ordine.

Innanzitutto bisogna distinguere tra diagnosi preclinica e diagnosi precoce. Con il primo termine si intende quella diagnosi che viene fatta dalla persona stessa quando ancora è apparentemente sana e non manifesta i sintomi motori tipici del morbo. Con il secondo termine si intende invece la diagnosi che si fa quando i primi segni clinici sono già comparsi, anche se sono ancora incerti o labili.

E’ solo la diagnosi preclinica che permette di anticipare di molti anni la comparsa della malattia di Parkinson e persino di modificarne il decorso attraverso una tempestiva terapia a base di farmaci dopaminergici o di farmaci neuro protettivi.

Se non c’è una diagnosi preclinica con il progredire della malattia si hanno disturbi non-motori, come quelli dell’umore, del sonno e cognitivi, e disturbi motori, come la flessione del tronco e del collo. Ma se questi sintomi vengono riconosciuti subito si può rallentare l’evoluzione del Parkinson. 

Come sottolinea il Secolo XIX, il fattore tempo è fondamentale.

“Per diagnosticare la Malattia di Parkinson sono stati individuati segni preclinici e precoci molto precisi che a volte, però, possono essere la manifestazione di altre malattie neurodegenerative. Di recente, quindi, è stata introdotta nella pratica clinica la diagnostica differenziale dei diversi campanelli d’allarme che interessano la Malattia di Parkinson: ad esempio, il disturbo del comportamento del sonno in fase REM (RBD – REM Behaviour Disorders) può riguardare, in fase preclinica, la Malattia di Parkinson oppure riferirsi al Tremore Essenziale.

Il trattamento della sintomatologia deve essere personalizzato sulla base delle caratteristiche espresse nella persona affetta dalla Malattia di Parkinson, al fine di offrire le risorse terapeutiche più opportune a seconda del quadro clinico, dell’evoluzione e del comportamento individuale”.

 

 

Mari

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