Omega 3: integratori inutili, anche in gravidanza
26 Aprile 2017 - di Mari
Gli integratori omega-3 sono sostanzialmente inutili in gravidanza, non procurano nessun vantaggio per il nascituro né sono associati a migliore sviluppo neurocognitivo del bambino. E’ quando emerge da uno studio condotto da Maria Makrides della South Australian Health and Medical Research Institute ad Adelaide, Australia.
Tanti, forse troppi integratori presi in gravidanza potrebbero rappresentare solo una spesa inutile senza portare alcun beneficio per il nascituro. Tra questi gli integratori a base di DHA (un grasso omega-3), molto in voga oggi.
Gli esperti hanno realizzato un vero studio clinico in doppio cieco confrontando gli effetti di una pillola al giorno di DHA (800 milligrammi) con una di placebo per tutta la seconda metà della gravidanza. Gli esperti hanno visto che assumere gli integratori non è risultato associato a migliore sviluppo neurocognitivo, motorio e del linguaggio a 18 mesi; non è associato a maggiore quoziente intellettivo nel bambino né a 4 né a sette anni, né a migliori funzioni cognitive.
Inoltre i genitori dei bimbi le cui mamme avevano assunto DHA in gravidanza tendono a riportare problemi comportamentali e disfunzionalità di alcuni aspetti cognitivi a 4 e 7 anni. Gli esperti notano che si tratta di piccoli ma consistenti effetti negativi sul comportamento potenzialmente indotti proprio dall’uso prenatale del DHA, ma questa possibilità va ulteriormente indagata in futuri studi.
Questo studio segue di alcuni mesi i risultati di un altro studio sugli integratori di acidi grassi omega-3 che aveva a sua volta rivelato che anche per la popolazione in generale questi integratori sono per lo più inutili. Benefici, sostiene questo studio condotto presso l’Università della California, ci sarebbero solo per i cardiopatici, ovvero per chi ha già avuto un infarto,un ictus o è ad alto rischio di insufficienza cardiaca.
Nessun effetto preventivo in termini di fibrillazione atriale, infarti e così via è stato invece osservato nelle persone con buona salute. E’ questa la conclusione dell’indagine pubblicata sulla prestigiosa rivista ‘Circulation’ dell’American Heart Association.