Terapia contro la pressione alta: non incide sull’infezione da Coronavirus
30 Marzo 2020 - di Claudia Montanari
ROMA – Non ci sono evidenze scientifiche che provano che le terapie e le medicine contro la pressione alta incidano sull’infezione da Coronavirus. Per questo motivo, non ci sono motivi per cambiare la terapia contro la pressione alta a causa del Covid-19. Ad affermarlo l’Aifa e il Comitato Tecnico-Scientifico, dopo che alcune notizie rimbalzate in rete hanno fatto preoccupare migliaia di pazienti affetti da ipertensione.
Il Comitato Tecnico Scientifico in una nota ha affermato che non ci sono evidenze scientifiche per sostenere che le medicine contro l’ipertensione, appartenenti alla classe degli inibitori dell’enzima di conversione dell’angiotensina (ACE inibitori) o degli antagonisti del recettore per l’angiotensina II (sartani) incitando sulla trasmissione e l’evoluzione del Covid-19. Ancora, esprime “pieno supporto alla posizione assunta dall’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa)”. Al momento ci sono solo “ipotesi molecolari verificate con studi in vitro”, non evidenze scientifiche frutto di studi clinici ed epidemiologici. Di conseguenza, il Comitato Tecnico-Scientifico raccomanda di non modificare la terapia in atto nei pazienti ipertesi, perché li esporrebbe “a potenziali nuovi effetti collaterali o a un aumento di rischio di eventi avversi cardiovascolari non appare giustificato”.
La nota del CTC arriva dopo quella della SIIA, Società Italiana dell’Ipertensione Arteriosa/Lega italiana contro l’Ipertensione Arteriosa (SIIA). Guido Grassi, presidente della SIIA, professore di Medicina Interna all’ Università Bicocca di Milano e direttore di Clinica medica all’ Ospedale San Gerardo di Monza, ha dichiarato:
“Allo stato attuale, non possiamo dire che queste terapie migliorino né che peggiorino la suscettibilità all’infezione da coronavirus”.
Il professor Grassi ha ribadito che i pazienti ipertesi stabili positivi al Coronavirus o a rischio di contrarre il Sars-CoV-2 devono seguire il trattamento secondo le raccomandazioni previste dalla Società Europea di Cardiologia (ESC) e della Società Europea dell’Ipertensione (ESH) del 2018.
Detto questo, il professore Grassi auspica e promuove “ulteriori ricerche che analizzino i dati in costante aumento sull’impatto dell’ipertensione e dei farmaci antiipertensivi, in particolare ACE inibitori e ARB, sul decorso clinico delle infezioni da COVID-19, in modo da poter aggiornare le posizioni della società scientifica, man mano che nuove evidenze si rendano disponibili”.