LONDRA – Sconfiggere la psoriasi grazie agli anticorpi. Una buona notizia per un milione e mezzo di italiani che ne soffrono, 25 milioni nel mondo, tra cui anche una star molto amata come Kim Kardashian. Una buona notizia che emerge da una scoperta frutto di uno studio della Northwestern University Feinberg School of Medicine.
La psoriasi è una patologia della pelle che colpisce sia le donne sia gli uomini e può comparire a qualsiasi età, anche se si manifesta soprattutto con l’avanzare dell’età. Comporta desquamazione, prurito, pelle arrossata, macchie e anche dolore. Ma non si tratta solo di un problema estetico. Questa malattia, infatti, è una infiammazione legata a disturbi come malattie cardiovascolari, metaboliche e infiammatorie croniche, spondilite anchilosante, artrite psoriasica e steatosi epatica.
La malattia, come spiega Daniele Banfi su La Stampa, presenta un picco bimodale di insorgenza: il primo è compreso tra i 16 e i 22 anni, il secondo tra i 57 e i 60 anni. Scrive Banfi:
Ad oggi i fattori che scatenano la malattia non sono ancora totalmente chiari. Secondo l’ipotesi più accreditata la psoriasi sarebbe causata principalmente da fattori genetici a cui si aggiungono quelli ambientali e anomalie nel sistema immunitario. Ed è proprio su quest’ultimo punto che si sta concentrando la ricerca. L’idea di fondo è molto semplice: spegnere l’infiammazione bloccando la produzione delle interleuchine, molecole che promuovono questo processo. Ad oggi sono diverse le molecole in sperimentazione (alcune già approvate) che sfruttano questo meccanismo. Nel caso specifico delle ultime molecole entrate in commercio il bersaglio è l’interleuchina 17.
Una di esse, ixekizumab, è stata da poco approvata da FDA ed EMA, le agenzie che regolano l’immissione in commercio dei vari farmaci. Nello studio appena pubblicato è stato dimostrato che la molecola in questione funziona anche per quella categoria di pazienti affetti da psoriasi moderata-grave.
I ricercatori hanno infatti scoperto che la somministrazione dell’anticorpo è stata in grado di ridurre in maniera significativa l’infiammazione e i risultati sono perdurati per oltre 60 settimane. Un buon risultato che si aggiunge a quelli ottenuti da un’altra molecola che agisce con lo stesso meccanismo –brodalumab- che dovrebbe essere approvata entro la fine del 2016.
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