Resistenza agli antibiotici è realtà: casi in Usa e Italia
17 Luglio 2016 - di Mari
LOS ANGELES – Resistenza agli antibiotici, ormai non è più solo un timore ma è la realtà. Negli Stati Uniti è stato scoperto proprio pochi giorni fa un super batterio resistente, e si tratta già del secondo caso in pochi mesi.
Lo scorso maggio, infatti, nelle urine di una donna di 49 anni della Pennsylvania era stato rilevato un ceppo di Escherichia coli in grado di resistere alla colistina, antibiotico usato per curare le infezioni che non rispondono ad altri farmaci. L’ultima ancora di salvezza, insomma, una sorta di “salvavita” per casi estremi, che per di più recentemente haacquisito un ruolo fondamentale nella cura delle infezioni da batteri Gram-negativi ultraresistenti. In entrambi i casi americani i batteri erano portatori di un gene, chiamato MCR-1, che rende l’organismo capace di resistere alla colistina.
Quello che hanno osservato gli esperti americani è che questo gene sarebbe anche in grado di passare ad altre patologie, rendendo quindi non solo questo tipo di infezione, ma anche altre infezioni resistenti alla colistina.
I casi americani, purtroppo, non sono gli unici. Sempre alcuni giorni fa in Italia, all’ospedale Careggi di Firenze, è stato osservato lo stesso ceppo di batterio resistente alla colistina. Ceppi di Escherichia coli portatori di questo determinante di resistenza, sia di origine clinica che animale, sono stati già trovati anche in Italia.
Nel laboratorio toscano è stata identificata una nuova variante del gene MCR-1, chiamata MCR-2, in un ceppo di Klebsiella pneumoniae resistente alla colistina, appartenente alla linea clonale ST512 e produttore della carbapenemasi KPC.Si tratta di un reperto è particolarmente allarmante perché il clone di K. pneumoniae ST512 produttore di carbapenemasi KPC è uno dei maggiori responsabili della diffusione epidemica di K. pneumoniae resistente ai carbapenemi (CRKp) in Italia, ma anche altrove.