una ricercatrice analizza al microscopio

Sclerosi multipla: scoperta una proteina chiave nella malattia

14 Settembre 2021 - di Claudia Montanari

Identificata una proteina chiave nel processo neurodegenerativo della sclerosi multipla progressiva. Si chiama C1q, ed è prodotta dalla microglia (le cellule del sistema immunitario che difendono il cervello) nella progressione delle lesioni al cervello che non si risolvono. Gli studi hanno dimostrato che, sugli animali, è possibile ridurre lo stato infiammatorio bloccando questa proteina. La scoperta, pubblicata sulla rivista Nature, si deve ai ricercatori dell’ospedale San Raffaele di Milano, e apre la strada a nuovi potenziali approcci terapeutici.

Nei pazienti con sclerosi multipla infatti, alcune lesioni cerebrali causate dal processo infiammatorio, tipico di questa malattia, non si risolvono ma continuano a espandersi danneggiando aree sempre più estese del tessuto nervoso. Queste lesioni in espansione sono chiamate ‘placche croniche attive’. Contribuiscono alla progressiva perdita di funzioni cerebrali nelle forme più gravi della malattia.

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Sclerosi multipla, lo studio nel dettaglio

I ricercatori, guidati dalla neurologa Martina Absinta, hanno analizzato oltre 66.000 cellule presenti sul confine delle lesioni in espansione. Hanno potuto realizzare una loro mappatura precisa attraverso il sequenziamento dell’Rna.

La specialista spiega: “Il sequenziamento dell’Rna messaggero individualmente in ogni singola cellula è una tecnica innovativa che permette di avere una mappa estremamente dettagliata delle diverse cellule, della loro attività e delle loro interazioni lungo la periferia delle lesioni”.

I ricercatori hanno Analizzato più nel dettaglio i diversi geni attivati all’interno delle cellule della microglia. Hanno così scoperto che la proteina C1q sembra giocare un ruolo chiave nel mantenere l’infiammazione cronica attiva.

“Questo lavoro suggerisce che l’infiammazione cronica nella sclerosi multipla progressiva potrebbe essere modulata farmacologicamente. La speranza è che inibendo la proteina C1q, si possa avere un approccio terapeutico nuovo per ridurre le lesioni croniche attive e fermare la progressione della disabilità nella malattia”.

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