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Trombosi e ictus, 80mila casi tra i giovani. A rischio anche i bimbi

ROMA – Trombosi e ictus sono un problema che non riguarda solo gli anziani o gli adulti: ogni anno 8mila giovani vengono colpiti da queste malattie. Eppure di questo si parla poco, e il rischio è di arrivare troppo tardi alla diagnosi. L’allarme arriva dall’Associazione lotta alla trombosi (Alt), che per il 15 aprile ha organizzato una giornata nazionale di informazione e sensibilizzazione.

La trombosi consiste nella formazione di trombi, cioè coaguli, che bloccano il passaggio del sangue. Ogni anno la provoca in 600mila persone ictus, infarti, embolie e altre malattie cardiovascolari, causando morte o gravi invalidità.

Eppure tutte queste patologie, spiega Lidia Rota Vender, presidente Alt

“potrebbero essere evitate in un caso su tre, con l’informazione, la conoscenza e uno stile di vita sano”.

Troppo spesso la diagnosi di trombosi nei giovani e nei bambini avviene in ritardo, perché il medico fa fatica a capire di trovarsi di fronte a un ictus o a un’embolia in un neonato.

Per questo è nato nel 2007 il Registro italiano delle trombosi infantili, che permette a tanti medici di condividere i propri dati sui casi di trombosi, per arrivare a definire migliori possibilità di diagnosi e cura. Grazie al lavoro di 156 medici di 51 centri italiani su pazienti da 0 a 18 anni è stato possibile comprendere che la trombosi nei bambini colpisce soprattutto a livello cerebrale, sotto forma di ictus ischemico, più frequentemente i maschi, e intorno ai 4-6 anni.

Solo 6 casi su 100 vengono diagnosticati entro le 3 ore necessarie a impostare una cura efficace, in oltre 60 casi su 100 la diagnosi avviene tardi, dopo 24 ore.

I fattori più pericolosi sono la familiarità, l’emicrania con aura e la presenza di anomalie nella coagulazione, oltre alla presenza di ipertensione, diabete, colesterolo alto o dell’abitudine al fumo.

Mari

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