Tumore al seno, identificati geni che predicono il rischio metastasi
5 Marzo 2019 - di Claudia Montanari
ROMA – Identificato un insieme di geni in grado di predire il rischio individuale di metastasi nel tumore al seno. Obiettivo: personalizzare le terapie. La ricerca, sostenuta dall’Associazione italiana per la ricerca sul cancro (Airc) e pubblicata oggi su EBiomedicine del Gruppo Lancet, è frutto del lavoro dell’Istituto Europeo di Oncologia e dell’Università di Milano. Si tratta della scoperta di una nuova firma molecolare costituita da geni molto espressi in alcuni tumori mammari e in grado di predire il rischio di metastasi a distanza.
Lo studio dei ricercatori dell’Istituto Europeo di Oncologia e dell’Università degli Studi di Milano è guidato da Pier Paolo Di Fiore e Salvatore Pece. La scoperta della firma delle staminali del cancro al seno consentirà di eseguire trattamenti personalizzati, adeguando le terapie mediche e chirurgiche in base al rischio effettivo della singola paziente di sviluppare metastasi nel tempo. Al momento si stanno conducendo studi di validazione dell’efficacia clinica della firma molecolare utilizzando coorti di pazienti arruolate in studi clinici internazionali. Questo rappresenta un passaggio indispensabile, spiegano i ricercatori, per l’introduzione di tale metodica nella pratica clinica nei prossimi anni.
Questa scoperta arriva pochi giorni dopo un’altra buona notizia: l’Inps ha infatti deciso di riconoscere l’invalidità per la mastectomia preventiva. Il “gene Jolie“, quello legato alle mutazioni brca1 e brca2 che possono far insorgere il cancro al seno e alle ovaie, entra nelle linee medico-scientifiche di cui terranno conto le commissioni dell’Istituto nazionale della previdenza sociale, che decidono sull’invalidità anche quando l’intervento chirurgico di mastectomia è stato eseguito preventivamente, prima dell’insorgere della patologia.
Lo scorso 13 febbraio l’Inps ha emanato una comunicazione a tutte le commissioni, firmata dal coordinatore generale medico legale Massimo Piccioni e dal vice coordinatore Onofrio De Lucia. La circolare è il principale risultato di un’azione congiunta che ha messo insieme allo stesso tavolo l’Inps, l’associazione aBRCAdaBRA, nata per rappresentare i bisogni delle persone portatrici della mutazione Brca, e la Federazione italiana delle associazioni di volontariato in oncologia (Favo).
“Le indicazioni date dall’Inps per una corretta valutazione della disabilità anche per le persone sane portatrici di un rischio genetico ma che affrontano interventi terapeutici preventivi di non poco rilievo, costituisce una vera e propria apertura di orizzonti che in futuro riguarderanno anche altri rischi di malattia diagnosticati prima dell’insorgenza”, ha commentato Elisabetta Iannelli, segretario generale Favo.
Le mutazioni Brca1 e Brca2 praticamente sconosciute ai non addetti ai lavori fino al 14 maggio 2013, diventarono oggetto di discussione mediatica quando Angelina Jolie pubblicò un articolo sul New York Times per raccontare di essersi sottoposta ad una duplice mastectomia per prevenire il rischio di sviluppare un cancro al seno. L’attrice dichiarò di avere ereditato la mutazione del gene Brca1 che, secondo i medici, la esponevano all’87% di rischio di sviluppare il cancro, malattia di cui erano morte la madre, la nonna e la zia.
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