Red Bull FlugTag: voli folli all’Idroscalo
11 Giugno 2012 - di lbriotti
MILANO – Domenica 10 giugno, all’Idroscalo di Milano, in occasione della terza edizione italiana del Red Bull Flugtag (www.redbullflugtag.it), si sono sfidati 35 (strampalati) team.
La competizione è dedicata ai creativi del volo, a metà fra follia pura e tecnica aerodinamica. L’area scelta per la gara è l’Idroscalo, luogo non a caso attaccato all’aeroporto di Linate. Nella sfida del 10 giugno, sono arrivati migliaia di curiosi e appassionati da tutta l’Europa per vedere il Tegamino Boys, il M’ha da cascà, i Ciociari volanti il Vaticano Air Lines e così via con gli I-Phon, le Teste di Zucchina o i Pellicano Band. Le squadre che hanno partecipato erano armate solo della loro fantasia e dello spirito di iniziativa che le ha portate a costruire velivoli tanto colorati quanto improbabili per poi lanciarsi dalla rampa di 6 metri d’altezza costruita nelle acque dell’Idroscalo.
Il primo Red Bull Flugtag si è tenuto a Vienna nel 1992. Da allora, si sono svolti più di 100 Flugtag in tutto il mondo, dall’Irlanda a San Francisco, attirando fino a 300mila spettatori. Il record per il volo più lungo supera i 63 metri, ed è stato conseguito nel 2010 negli Stati Uniti a Minneapolis St. Paul. Le squadre si sono preparate (nel sito c’è anche un’ampia documentazione video dei lavori in corso) osservando alcuni vincoli: apertura alare massima 10 metri, peso massimo 200 chili (incluso il pilota) e solo muscoli come propulsori. Quindi, niente fionde, turbine, motorini elettrici o calamite.
Gli “aeroplani”, come unico semplice requisito, avevano quello di sfidare le comuni leggi di gravità. Essendo ispirati dai cartoon, i velivoli erano rigorosamente sprovvisti di motore. Per librarsi in volo hanno utilizzato la sola forza dei muscoli del team, composto da un massimo di 5 persone (4 spingitori e 1 pilota). Solo il pilota poteva stare all’interno del velivolo al momento del lancio. Inoltre, fondamentale per la riuscita della manifestazione: la macchina volante e ogni sua parte mobile (per esempio, il carrello) dovevano essere galleggianti o resi tali attraverso il fissaggio di opportuni galleggianti. Le rocambolesche e acrobatiche evoluzioni, infatti, si sono concluse nell’acqua, con il classico “splash”!. Perché se volare è un sogno, atterrare è “dura” realtà.